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La vera storia del pedagogico di Aguscello

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Ormai tutti conoscono, almeno per nome, Aguscello e il suo pedagogico, le storie di fantasmi che infestano quel luogo e le leggende che lo circondano. Quello che non tutti conoscono è cosa è davvero successo in quel luogo: la storia che solo pochi residenti conoscono e che si tende a raccontare, un po per vergogna, un po per timore.

La vera storia del pedagogico di Aguscello

Fu subito dopo il primo dopoguerra che la struttura venne concessa ad uso della Croce Rossa. Venne messa in mano ad una madre superiora cattolica e trasformata in un ospedale psichiatrico per bambini.

La madre superiora e le sue sottoposte non erano particolarmente felici di quell’incarico, dovendo avere a che fare con bambini che per ovvi motivi non obbedivano, non erano tranquilli e presentavano le più svariate problematiche.

Non solo, quei bambini finivano inesorabilmente per essere dimenticati da genitori e parenti e il pedagogico divenne così un luogo dove mettere “il problema”, liberarsene e dimenticarsene.

Ed è cosi che, a poco a poco, personaggi benestanti si avvicinarono a questo luogo di tristezza per trovare quello che per loro era un vizio.

Cominciarono a pagare la madre superiora, a pagarla tanto perché gli facesse avere dei bambini da usare e sfruttare a loro piacimento, certi che nessuno li avrebbe mai cercati.

Il tunnel

tunnel
Venne riaperto un vecchio tunnel sotterraneo, oggi ancora visibile ma allagato, che portava direttamente dall’istituto al castello degli Estensi. Questo tunnel era stato costruito ai tempi della Prima Guerra Mondiale per potersi spostare al sicuro dagli attacchi.

E i bambini cominciarono a sparire ad uno ad uno, dimezzando quasi il loro numero.

Tra quelli rimasti c era un bimbo di circa 9 anni, un bambino silenzioso, tranquillo che aveva uno strano charme sugli altri. Gli altri bambini lo seguivano, gli stavano intorno e lui li faceva stare tranquilli.

Questo bimbo nel suo silenzio si era reso perfettamente conto di quello che accadeva, e in un certo senso si faceva carico della paura degli altri di sparire come i loro compagni.

Così un giorno parlò, ma non alla madre superiora né a una suora: parlò ai bambini che sedevano intorno a lui.

Disse loro che condivideva le loro paure, che sapeva che prima o poi sarebbe successo anche a loro. Parlò, e parlò ancora fino a convincerli che avrebbe potuto liberarli, che avrebbe dato loro la libertà.

La libertà

Così salì le scale fino al quinto e ultimo piano, dove c’erano le docce e, in una saletta a parte, uno spogliatoio piuttosto basso quasi come una mansarda. La saletta aveva panchine di legno, piastrelle verde acqua e una finestra piuttosto piccola nella parte più bassa e a livello del terreno.

Li avvicinò uno a uno alla finestra, mostrò loro il cielo azzurro e li spinse di sotto.

E ad uno ad uno i quattro bimbi col sorriso vennero spinti in un volo lungo cinque piani fino a sfracellare le loro piccole ossa in un bagno di sangue nel cortile dell’istituto.

La madre superiora accorse e quando arrivò lo trovò sorridente davanti alla finestrelle, gli urlò ma lui ridendo in modo sadico saltò giù dalla finestra.

Il contadino dell’appezzamento a fianco stava curando il suo terreno quando venne attirato dalle urla e vide l’orrore e la morte saltare per ben cinque volte da quella maledetta finestra.

La polizia venne allertata e accorse, furono trovati solamente quattro cadaveri spiaccicati macabramente uno sull’altro.

Sì, quattro, perché quello del ragazzino dalla risata sadica non venne più ritrovato.

La maledizione del manicomio di Aguscello

ospedale pedagogico di Aguscello
Il pedagogico fu chiuso in fretta e furia per evitare scandali e domande e i bambini restanti trasferiti altrove.

Ma il pedagogico era ormai maledetto e da quel giorno l’istituto venne avvolto da un’aura demoniaca quasi abbia preso vita propria, tant’è che

nemmeno i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale (che rasero al suolo quasi tutto li attorno) riuscirono a scalfirlo.

Ogni notte per chi vi si reca è possibile udire la risata stridente di quel bambino, la maledizione dice che chi la ascolta non potrà più dimenticarla.

Verità? Leggenda? Vi posso solo dire che da ragazzi in tanti siamo andati per gioco o per sfida in quel luogo, e ognuno ricorda a modo proprio di aver “sentito qualcosa”. <

Inoltre nel terreno adiacente, che è stato venduto più volte, hanno provato a fare tante cose: coltivazioni, campi di tiro con l’arco, addirittura piste da motocross.

Ma ogni attività è durata ben poco e abbandonata a se stessa. E il pedagogico è ancora li, in possesso di nessuno , con ancora addosso la sua oscura aura.

1 commento

  1. Come fate a dire che il bambino raccontó ai 4 bambini quella storia visto che non è sopravvissuto nessuno per raccontarlo?

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