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Borgata insanguinata: l’omicidio di Annarella Bracci

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Annarella Bracci

Chi è nato e cresciuto a Roma conosce bene il quartiere Primavalle. Borgata, usando un termine popolare, immediato, ancora oggi diffuso. Quartiere dalla storia intensa, persino affascinante ed interessante, certamente travagliata, le cui strade e case trasudano emarginazione, degrado, disagio socio-economico all’ombra di una urbanistica sviluppatasi ben presto senza freni, regole e controllo. Dormitori abbandonati a se stessi. Una zona densamente popolata, oggi sufficientemente riqualificata, ma che, in passato, è sede e teatro di delinquenza e vicende di cronaca passate alla storia. L’omicidio di Annarella Bracci è una di queste.

Chi è Annarella Bracci?

Via Lorenzo Litta è una via di Primavalle, oggi interposta tra Via Pietro Maffi e Via Pietro Gasparri. Edifici gli uni uguali agli altri, esteticamente affatto gradevoli, svettano ai bordi di questa stretta strada. Nel 1950, questa area è ancor di più ai margini di Roma, fisicamente e socialmente. Una capitale in rapida espansione ma che, parimenti a qualsivoglia metropoli, palesa periferiche “sacche” di degrado.

Anna Maria Bracci, detta Annarella, abita in Via Lorenzo Litta: lotto 25, scala L. Case popolari. Ha ancora 12 anni: è nata, infatti, il 15 dicembre 1937. Annarella vive, nel modesto appartamento di Via Lorenzo Litta, assieme ai fratelli e alla madre, Marta Fiocchi, separata dal padre della bambina, Riziero. Famiglia umile, umilissima. I problemi sono molteplici, ad iniziare dalle condizioni di salute di uno dei fratelli, Mariano, al quale è stata amputata una gamba e che morirà di lì a poco.

La madre lavora anche come prostituta, in casa. Soldi racimolati dove e come possibile, utili al minimo, indispensabile sostentamento di un nucleo familiare numeroso. Annarella è in quell’età – assai delicata – a mezza via tra la fanciullezza e l’alba della adolescenza. Le precarie e degradanti condizioni sociali della famiglia Bracci fanno sì che Anna Maria inizi, in prima persona, a contribuire alle finanze di casa. Svolge qualche lavoretto, commissioni che le garantiscono poche Lire. Si adopera nelle faccende domestiche, cerca di nobilitare la propria esistenza attraverso lavori semplici ma onesti.

La scomparsa

Il 18 febbraio 1950 è un giorno come tanti. Un sabato. Annarella, nel tardo pomeriggio, esce di casa per andare a comprare del carbone e a racimolare un po’ di olio e di pasta presso un’altra famiglia della zona, i Bernardini. Con sé, infatti, ha una bottiglia vuota. La ragazzina raggiunge i Bernardini, prende un po’ di strutto, quindi si incammina di nuovo tra le vie di Primavalle. Via Nicolò Albergati (nome attuale della via presso la quale, nel 1950, sorge la bottega del carbonaio), Via Federico Borromeo: strade, oggi, che abbracciano il Parco Anna Bracci.

Attorno alle 20:30, la ragazzina scompare. Di Annarella non si hanno più notizie. Svanita, nel nulla.

Ma una ragazzina sparita in una sperduta borgata di periferia non fa notizia. Né suscita l’interesse da parte delle Forze dell’Ordine: conoscono bene Primavalle, terra in cui “Stato” e “legalità” sono concetti astratti, assenti, bramati ma osteggiati al tempo stesso. È solo una ragazzina scomparsa in una borgata immersa nella campagna di Roma Nord che sanguina degrado e delinquenza. Tornerà, prima o poi. La stampa, in un primo momento, non se ne cura.

Il caso di Annarella Bracci, però, suscita clamore tra gli abitanti di Primavalle. Un clamore dapprima circoscritto alle vie della borgata ma che, in pochi giorni, si espande fragoroso e disperato in tutta la Capitale. I giornali iniziano ad occuparsi dell’accaduto. Le Forze dell’Ordine, sull’onda delle prime, timide attenzioni mediatiche, inizia ad indagare. Siamo, ormai, alla fine di febbraio. Le ricerche hanno inizio, intense ed incessanti. Tutta Primavalle è passata al setaccio; il sostegno della cittadinanza è lodevole.

Al contempo, gli investigatori interrogano la famiglia e le ultime persone entrate in contatto con Annarella. La figura di Lionello Egidi, detto “il biondino”, intanto, emerge con forza. L’uomo, infatti, è stato visto parlottare con Annarella attorno alle 20:00: le offre dei soldi grazie ai quali acquista un pugno di castagne.

Il ritrovamento: è omicidio

Anna Maria Bracci

È la sera del 3 marzo 1950. Le Forze dell’Ordine, concentrate le ricerche in corrispondenza dell’odierna Via Cogoleto-Via la Nebbia, si imbattono nel corpo senza vita di Anna Maria Bracci. All’epoca, questa zona – i cinegiornali la chiamano più semplicemente Torrevecchia – è in aperta campagna. Il cadavere di Annarella Bracci viene ritrovato in fondo ad un pozzo: oggi, in quel punto, sorge un distributore di carburante.

L’autopsia non mente: Annarella Bracci è stata uccisa. Colpi alla testa, la tenace resistenza sfoderata dalla giovane. L’assassino la getta nel pozzo, forse ritenendola morta: qui, Annarella morirà per annegamento. Probabilmente un tentativo di stupro.

Roma, come Primavalle, è una città a lutto, colpita dritta al cuore. I funerali, pagati dal Comune di Roma e celebrati in pompa magna, vedono la partecipazione di migliaia di persone. Lacrime miste a vendetta.

Lionello Egidi, il principale indiziato, viene fermato. Siamo già alla fine di febbraio.

È il 10 marzo 1950 quando Lionello Egidi, “er biondino”, dopo già due settimane trascorse dietro alle sbarre, confessa. Sembra fatta. Bracciante, giardiniere, su di lui pendono (e penderanno anche in futuro) accuse di molestie ai danni di altre adolescenti. Egidi confessa ma poi ritratta: confessione estorta con le cattive maniere pur di dare in pasto alla Nazione il colpevole di un così atroce delitto? Forse, anzi, probabilmente Lionello afferma il vero.

Fatto è che Primavalle si “ribella” all’arresto di Lionello. Errore giudiziario, dicono. Il processo in primo grado, nel gennaio del 1952, assolve Lionello Egidi: mancanza di prove. L’Appello – datato 1955 – lo condanna a 26 anni e otto mesi di reclusione (frattanto, ha molestato una ragazzina: altri 3 anni e spicci di galera), ma la Cassazione, nel dicembre del 1957, ribalta il precedente esito: assoluzione. Per l’ultimo grado di giudizio, dunque, la condanna dell’Egidi è stato un errore giudiziario, viziato e lacunoso.

Nel 1961, Lionello Egidi è di nuovo nella morsa della Giustizia. È condannato a 5 anni di prigione per molestie sessuali ai danni di un bambino.

Lionello Egidi, dunque, si rivela essere un molestatore seriale. Eppure l’uomo nega e negherà sempre. Nega anche di aver molestato il ragazzino, più di 10 anni dopo i fatti del delitto di Annarella Bracci. Dove, allora, la verità?

Il “caso Annarella Bracci” rimane, a tutt’oggi, senza un colpevole. Un caso irrisolto, espressione – verosimilmente – di un iter investigativo e, soprattutto, giudiziario falloso, viziato, in cui i dubbi e gli interrogativi si moltiplicano a dispetto delle poche certezze. Era veramente Lionello Egidi l’assassino di Annarella Bracci? Domanda, ancora oggi, priva di incontrovertibile verdetto.

La memoria di Annarella, tra le strade di Primavalle, ancora riecheggia, viva. Un parco, murales, varie iniziative finalizzate a tener vivo il ricordo di questa bambina resa prematuramente adulta da una vita di stenti e di degrado.

Da quel 1950, l’opinione pubblica – ormai annacquata e temporalmente sempre più lontana da quei freddi giorni di febbraio – si divide nelle più classiche delle opposte fazioni, colpevolisti da una parte, innocentisti dall’altra.

Una diatriba che non avrà mai termine. L’omicidio di Annarella Bracci non avrà mai un colpevole consegnato alla Giustizia, mai una parola fine ed un epilogo condiviso. Rimarrà, per sempre, un triste, inquieto “cold case” italiano, senza pace né fine.

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