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Inno a Satana di Carducci: il lato oscuro della letteratura

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Inno a Satana

Giosuè Carducci, autore presentato spesso – ed erroneamente – come portavoce di una letteratura classica e pedante, scatenò non poche polemiche con l‘Inno a Satana in risposta alla propaganda e agli scritti del papa Pio IX.

METEORE PALLIDE,
PIANETI SPENTI,
PIOVONO GLI ANGELI
DA I FIRMAMENTI.

Inno a Satana, un vade retro fallito

Inno a Satana

L’Inno a Satana è un componimento scolpito nella forma dell’inno di ascendenza greca, modernizzato e alleggerito sul modello del brindisi. Abbiamo così, da un lato l’afflato tipico di una retorica che vuole spiegare argomenti nobili, di matrice mitologica e storica, e dall’altro un atteggiamento ilare, improvviso, giocoso.

Via l’aspersorio,
Prete, e il tuo metro!
No, prete, Satana
Non torna in dietro!

La celeberrima forma del “vade retro Satana” funge da collante ritmico lungo la scala sonora dell’opera. Sembra quasi di ascoltare la voce tonante di un vicario di Dio che cerca di mandare via il tripudio di immagini sensuali, gioiose, materiali di cui Carducci si serve per dare al lettore l’idea di un nuovo inferno in terra.

Provate a immaginare una scala per pianoforte rapida e fulminea. Questo sarà l’effetto della lettura completa dell’Inno a Satana, che calca l’accento sullo schema rimico ABCB, rendendolo ancora più cupo e insieme sublime – nell’accezione letteraria del termine, dunque pensabile come “alto”, “immenso”, di tutto slancio. Non a caso, la vendetta sull’Arcangelo Michele ci si para davanti come un dipinto in movimento.

Inno a Satana, l’elogio della sapienza

Il Satanismo nasce in primo luogo come categoria letteraria, per indicare quegli autori che trovarono nell’angelo caduto il simbolo dell’emancipazione umana. Non ha quindi un’accezione religiosa, non in questa sede e non nell’ottica degli intellettuali del XIX secolo. Basti pensare all’interpretazione del pentacolo, la cui punta rivolta verso l’alto, in quest’ottica culturale, afferma la piena autonomia dell’uomo nei confronti di qualsivoglia divinità.

Tu spiri, o Satana,
Nel verso mio,
Se dal sen rompemi
Sfidando il dio
De’ rei pontefici,
De’ re crüenti:
E come fulmine
Scuoti le menti.

Contro i malvagi pontefici, i crudeli reggenti delle sorti umane. Questo distico riassume la vera essenza dell’Inno a Satana: la distruzione di qualsiasi schiavitù. Di questo stiamo parlando. Non di malefici o di rituali, ma di un precetto quasi filosofico. Come essere umano, compiuto in me stesso, non ho bisogno di seguire alcuna legge di Dio o degli uomini. Soltanto la mia e quella del mio istinto, che in questo caso, non può che esplicarsi nell’arte.

Satana, solo Lucifero?

Inno a Satana

 

Dite, Satana, Belzebù, Lucifero – il signore degli inferi ha conosciuto molti nomi, diverse trasposizioni, spaziando tra le più varie mitologie. Ma per Carducci, convinto massone bolognese, che ne ha elogiato la forza creatrice, di che divinità si tratta?

Inno a Satana

Per un verso, il Satana di Carducci è una sorta di macrostruttura, all’interno della quale possiamo ritrovare le antiche divinità pagane, tanto care al poeta e obliate dal cristianesimo soffocante dell’Italia a cavallo tra Otto e Novecento. Dei e miti dell’Olimpo capaci di sprigionare un’energia primordiale, dalla quale attingere per dar vita, in ogni campo umano, al progresso.

Salute, o Satana,
O ribellione,
O forza vindice
De la ragione!

Forza vendicatrice della ragione. Un Satana eroe dei tempi moderni. Carducci vede nel re demoniaco la sintesi suprema dello slancio classico – fatto di pura natura e grandiosa intelligenza – e della modernità. In quest’ottica, un areo, un treno, una rete elettrica possono diventare il volto del demonio. Sono creazioni dell’uomo per l’uomo. Senza censura. Senza paura, soprattutto.

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