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Mothman: la leggenda dell’Uomo Falena

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Prima o poi l’eccezione doveva arrivare. Un articolo scritto in prima persona? Sì, proprio così. Quella che andrò a trattare è una moderna storia che mescola folklore e mistero, una contemporanea leggenda metropolitana che vede come protagonista una strana creatura, una presenza oscura ed inquietante. “Urban legend” statunitense attorno alla quale si è fantasticato e si fantasticherà ancora a lungo. Icona di un territorio, di genti, di città. Sinonimo di sventura. Inspiegabile, imperscrutabile.

La leggenda del Mothman – l’Uomo Falena – rientra in quelle storie sempre in grado di solleticarmi, di incuriosirmi, di inquietarmi come poche altre sanno riuscirci. L’origine della passione per la leggenda del Mothman è presto detta: “The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra”, film del 2002 diretto da Mark Pellington il cui protagonista – Richard Gere nel ruolo di John Klein, giornalista del “Washington Post” – si trova suo malgrado alle prese con il mistero del Mothman.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo “The Mothman Prophecies” (1975), opera del giornalista e scrittore statunitense John Alva Keel (New York, 25 marzo 1930-New York, 3 luglio 2009), appassionato di ufologia, paranormale e misteri ed egli stesso attivo nelle vicende investigative inerenti al Mothman.

È grazie a questo splendido film che la storia dell’Uomo Falena ha fatto breccia in me. Più di altri racconti del mistero, più di tante macabre storie dell’umana follia, più di tanti film horror in cui sangue e violenza si susseguono facendo fede ad uno scontato canovaccio, sovente inutilmente urlato e quindi inefficace. Mi ha travolto come una tempesta, devo ammetterlo. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi: di sera, da solo, incollato allo schermo, tanto intimorito quanto calamitato da una narrazione affatto banale. Un “rito” che ripeto e perpetro ogni volta che il film è trasmesso in TV.

Una pellicola che suscita dubbio, inquietudine, angoscia, fascino, pathos. Bravura del regista e di tutto lo staff tecnico impegnato nella realizzazione del film, abili a trasportare sul grande schermo – con brivido e tensione degni dei migliori horror – una leggenda metropolitana nata e sviluppatasi nei nostri tempi, nei nostri giorni, nella società moderna. Ogni scena, ogni dialogo alimenta gli stati d’animo descritti appena sopra, i quali si mantengono vivi ad ogni visione.

Ecco, dunque, la storia del Mothman, l’Uomo Falena.

I primi avvistamenti: nasce la leggenda del Mothman

uomo falena

 

West Virginia, seconda metà degli Anni ’60. Piccole città e comunità, improvvisamente, si trovano al centro delle cronache nazionali a stelle e strisce.

12 novembre 1966, Clendenin, piccola località nella Contea di Kanawha. Mentre stanno allestendo una tomba in un cimitero, cinque uomini divengono i protagonisti di quello che è, nella sostanza, il primo avvistamento ufficiale e documentato dell’età contemporanea del Mothman, l’Uomo Falena. Una creatura apparentemente umana, di colore scuro, provvista di ali, di grande statura, in grado di volare. La segnalazione, benché alquanto singolare, viene ignorata dalla stampa locale. Mitomani, si pensa. Passano pochi giorni ed ecco che il Mothman riappare.

15 novembre 1966. Sede dell’avvistamento è la cittadina di Point Pleasant, nella Contea di Mason, West Virginia. Ad avvistare il presunto Uomo Falena sono due coppie: Roger e Linda Scarberry e Steve e Mary Mallette. Si trovano a bordo di un’auto nei pressi di una ex fabbrica di munizioni, la cosiddetta “TNT area”. Le quattro persone coinvolte nell’”incontro ravvicinato” descrivono alla polizia la bizzarra creatura: dalle fattezze apparentemente umane, di statura imponente, occhi rossi, lunghe ali. Terrorizzate, le due coppie risalgono in auto e imboccano la Statale 62. Qui, rivedono la creatura, in piedi, la quale seguirà l’automobile per qualche chilometro.

La descrizione combacia con quanto avvistato dai cinque uomini appena pochi giorni prima. E, come si saprà, con quanto avvistato da  altre persone giorni, mesi, anni prima. Le voci attorno all’Uomo Falena, infatti, affondano le proprie radici in epoche assai precedenti a quel 1966.

Una falena. Una falena gigante antropomorfa. Mothman, appunto.

Gli avvistamenti si susseguono martellanti. Il fenomeno sembra inarrestabile. E subito l’opinione pubblica si divide: bufala o realtà? Gli scienziati cercano di dare volto e nome plausibili all’essere che terrorizza le località della West Virginia. Una rara gru di sabbia che ha smarrito la propria via? Un uccello notturno di qualche tipo? Una sorta di immaginazione collettiva? Un sentire popolare che ha nuovamente acquistato vigore? O una bufala costruita e confezionata ad arte, per così dire, a scopo di lucro? Zoologi, cripto-zoologi, ufologi, semplici appassionati partoriscono le più disparate congetture, oggi come ieri. Le ipotesi si moltiplicano al pari degli avvistamenti. Incessanti. Nel bimestre novembre-dicembre 1966, si contano almeno venti segnalazioni degne di nota.

Gli avvistamenti del Mothman coprono un arco temporale che va, all’incirca, dal settembre 1966 al novembre 1967. Ventisei gli avvistamenti più significativi, tra cui le importanti segnalazioni del 12 e 15 novembre 1966. La cosiddetta “TNT area” e le zone attorno a Point Pleasant, in particolare, ricorrono più spesso e in modo deciso e decisivo. Tutti avvistano e possono avvistare il Mothman, senza distinzioni di sesso, professione, età, ceto sociale. E tutti si imbattono nella medesima creatura: una sorta di essere antropomorfo alto circa 2 metri, occhi assai luminosi e di colore rosso, in grado di muoversi in posizione eretta ma con passo che definiremmo “strascicato”, ali simili a quelle di una falena (da qui, il nome Mothman: moth, in inglese, vuol dire falena) ma che non vengono battute in fase di volo (almeno così percepiscono e riportano i testimoni oculari), capacità di librarsi in aria ad elevate velocità (riesce a seguire le automobili), emissione di particolari ronzii metallici.

Il Mothman: tra scienza, profezie e teorie del complotto

mothman

Volenti o nolenti, il fenomeno del Mothman si allarga a macchia d’olio, pur rimanendo circoscritto – in modo particolare – al West Virginia e alle zone attorno a Point Pleasant. Anche lo Stato dell’Ohio – confinante con la West Virginia – è teatro di avvistamenti del Mothman.

Il fenomeno esiste, certamente, ma il punto è il seguente: cos’è o chi è il Mothman? È possibile accertare l’esatta e la concreta natura di questa creatura?

Lo sappiamo: costruire una leggenda metropolitana – oggi, queste leggende a sfondo horror e paranormale si chiamano creepypasta – è relativamente semplice. Ancora più facile alimentarla e cavalcarla. Lo scopo delle indagini attorno al Mothman è, dunque, cercare di districarsi tra leggenda, suggestione collettiva, mitomani, false testimonianze ed una presunta, eventuale realtà che ci narrerebbe di un essere antropomorfo a noi sconosciuto, volatilizzatosi nel nulla (almeno nell’area presa in esame) dopo la lunga scia di avvistamenti tra il 1966 ed il 1967.

Le tesi scientifiche e razionali, ovviamente, escludono la componente paranormale. Grandi esemplari di gufi e barbagianni costituiscono gli indiziati più accreditati e plausibili. Non una misteriosa creatura a metà tra una falena ed un uomo, bensì i più classici volatili notturni, caratterizzati da peculiarità riconducibili al Mothman. Il Committee for Skeptical Inquiry (noto in passato col nome di Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal – Comitato per l’Indagine Scientifica delle Affermazioni sul Paranormale) sostiene la tesi del grosso gufo scambiato per una sorta di “Uomo Falena”.

Nel 2016, WCHS-TV (TV locale del West Virginia dell’area di Charleston-Huntington) pubblica una foto del presunto Mothman, nuovamente avvistato da un testimone anonimo sulla West Virginia Route 2. La foto desta curiosità e clamore ma sembra si tratti del solito gufo. Insomma, la scienza, la approfondita conoscenza della zoologia ed un pensiero razionale ci conducono verso spiegazioni altrettanto razionali. Vi sono, poi, spiegazioni squisitamente culturali legate a quei territori. Racconti folkloristici che narrano del Mothman ben prima che questo si palesi tra il 1966 ed il 1967. Leggenda, folklore, mitologia locale: è sufficiente mescolare elementi popolari preesistenti a nuovi avvistamenti “terrorizzanti” di animali locali – poco noti o mai visti sino a quel momento – per produrre terrore, paura e per far sì che il mito del Mothman riprenda vita e si alimenti di nuova linfa.

Vi è poi la tesi della bufala costruita ad arte, scherzi ben compiuti ed eseguiti da “buontemponi”. Scherzi e bufale divenuti, successivamente e ben presto, virali.

La spiegazione scientifica, fredda e razionale, è, senza dubbio, quella più verosimile. Ma perché accantonare e disdegnare in modo preventivo e prevenuto spiegazioni ed ipotesi decisamente più ardite? Del resto, la nostra società accetta, ad esempio, le visioni delle figure legate alla Fede cristiana, benché ultraterrene e non dimostrabili mediante rigorose indagini scientifiche. Le accetta come possibili, anzi, come esistenti. Perché, quindi, scartare a priori la esistenza di entità “aliene” e di fenomeni sovrannaturali non legati alla Fede?

La cripto-zoologia è ancora considerata una pseudo-scienza, un castello di teorie ed ipotesi spesso tanto fantasiose quanto sognatrici atte a dimostrare l’esistenza di animali “misteriosi” e mitologici. In questo senso, il Mothman sarebbe una cripto-creatura: un animale ancora a noi ignoto ma che paleserebbe legami con altre creature della umana mitologia: il Thunderbird dei nativi americani (Wakinyan per i Lakota, Hohoq per i Kwakiuti, Kw-Uhnx-Wa per i Nootka o Nuu-chah-nulth), Garuḍa nella cultura orientale. Un legame, tuttavia, probabilmente non diretto: infatti, “l’uccello di tuono” tipico della cultura indigena americana può essere verosimilmente identificato con alcuni rapaci diversi dai gufi e dai barbagianni (animali identificati come il presunto Mothaman), quali, ad esempio, aquile, condor o alcuni uccelli oggi estinti, la cui memoria, però, si è tramandata di generazione in generazione attraverso miti e racconti. Del resto, ogni cultura narra di uccelli straordinari, enormi e dalle caratteristiche divine, dal Roc (o Rok) al Mothman. E non manca il collegamento ad un’altra figura mitologica, quello Spring-heeled Jack – creatura folkloristica inglese del periodo vittoriano, le cui apparizioni si collocano, specie a Londra, tra il 1837 ed i primi del Novecento – che, in alcuni tratti, ricorda molto da vicino il Mothman.

Il già citato John Alva Keel, autore del libro “The Mothman Prophecies”, sviluppa un pensiero di tipo cosmologico-parafisico-filosofico del tutto inedito e personale circa la reale natura degli UFO e degli avvistamenti di esseri non identificati; esseri che lo scrittore definisce efficacemente “ultraterrestri”.

Non più, dunque, visitatori provenienti da altri pianeti (questa è la classica rappresentazione degli UFO sostenuta dagli ufologi in senso stretto, ossia oggetti volanti non identificati provenienti dallo spazio cosmico, da altre galassie ed altri pianeti), bensì “ultraterrestri” provenienti da dimensioni parallele.

Keel arriverà ad ipotizzare, dunque, una correlazione tra i fenomeni paranormali e l’esistenza di “ultraterrestri” provenienti dalle suddette  dimensioni parallele. Non più esseri extraterrestri (citando la tipica locuzione ufologica) , bensì extradimensionali.

La teoria delle dimensioni parallele, tuttavia, viene superata e modificata dallo stesso Keel.  Fenomeni paranormali ed esseri “ultraterrestri”, allora, sono entrambi emanazione del cosiddetto “superspettro”, una energia-realtà di tipo elettromagnetico situata, però, in una frequenza diversa rispetto a quella che noi umani possiamo percepire. Non più dimensioni parallele, non più universi paralleli ma una frequenza situata nel nostro stesso Universo ma non percepibile coi e dai nostri sensi e non misurabile dai nostri strumenti. Una teoria al contempo complessa ed affascinante, la quale dipinge questo “superspettro” come luogo-entità dal quale nascono fenomeni paranormali ed ogni genere di creatura “ultraterrestre”, Mothman compreso. Il “superspettro”, dunque, manipolerebbe e condizionerebbe la realtà umana e la vita degli uomini attraverso la propria influenza. Una teoria cospirazionista alquanto personale, non v’è dubbio.

Il crollo del Silver Bridge

Il Mothman, secondo le più elaborate teorie, non è solo una creatura a noi ignota, bensì una entità “ultraterrestre” il cui scopo è segnalare qualcosa all’umanità. Una entità preposta ad avvisare l’umanità circa un imminente pericolo o essa stessa portatrice di sventura? In questo senso, il crollo del ponte Silver Bridge si inserisce in questo scenario parafisico.

Il Silver Bridge è un ponte sul fiume Ohio, a collegare – mediante il passaggio della U.S. Route 35 – le città di Point Pleasant (West Virginia) e Gallipolis, in Ohio (il Memorial Sign indica Kanauga, Contea di Gallia, Ohio, comunità confinante con Gallipolis). Eretto nel 1928, questo ponte collassa improvvisamente il 15 dicembre 1967, provocando la morte di 46 persone. 31 le automobili precipitate nel fiume, 9 i feriti. Una tragedia. Sono trascorse da poco le 5 del pomeriggio. I corpi di due vittime non verranno mai più ritrovati: sono entrambi cittadini di Point Pleasant, Kathy Byus e Maxine Turner.

Perizie tecniche ed inchieste hanno accertato che cedimenti strutturali dovuti ai forti carichi (ben superiori rispetto a quanto calcolato all’origine del progetto), un difetto di uno degli “eyebar” e la scarsa manutenzione decretano il tragico crollo del ponte.

La disgrazia del Silver Bridge avviene al tramonto dei mesi, a cavallo tra il 1966 ed il 1967, caratterizzati dai reiterati avvistamenti del Mothman. Quale, allora, il nesso tra il Mothman ed il collasso del Silver Bridge? Ebbene, secondo teorie molto ardite, l’Uomo Falena si palesa in occasione di particolari sventure. Una sorta di entità premonitrice. Un autentico demone, secondo alcuni. Non a caso, il Mothman viene avvistato nei momenti antecedenti e successivi al crollo del ponte. Apparizione peraltro accompagnata – stando alle testimonianza oculari – da una intensa fenomenologia di luci rosse in cielo, in corrispondenza della “TNT area” e Point Pleasant.

Le teorie, come vedete, si susseguono e si accavallano senza soluzione di continuità. E quando si entra nel mito, nel paranormale, nel sovrannaturale, ogni ipotesi ha ragion d’esistere: non c’è, infatti, una teoria più valida dell’altra, poiché tutte non sono scientificamente verificabili.

In questo mare di ipotesi, non poteva mancare la maledizione. Nella fattispecie, a lanciare il malaugurio sarebbe stato Hokoleskwa (Cornstalk, Gambo di Mais), nato attorno al 1720, carismatico capo indiano della tribù degli Shawnee (o Shawano), originaria dell’Ohio, Kentucky e Pennsylvania. Gambo di Mais, peraltro, è sepolto proprio a Point Pleasant (qui svetta la sua lapide). Non ci sono fonti storiche che accertano e certificano la maledizione lanciata in punto di morte dal capo indiano, ma è bastata la modalità della sua morte per innescare questo processo che oscilla tra storia e leggenda. Gambo di Mais, infatti, viene assassinato il 10 novembre 1777 da soldati della Militia of the United States di Fort Randolph (West Virginia, dove verrà edificata Point Pleasant, luogo già protagonista, il 10 ottobre del 1774, della cosiddetta “Battaglia di Point Pleasant”), in occasione di una visita diplomatica. I soldati uccidono Cornstalk, suo figlio Elinipsico ed altri due Shawnee in segno di vendetta: nativi americani, infatti, avevano precedentemente ucciso dei soldati americani. L’episodio, benché aspramente criticato dalle autorità americane, non porta ad alcuna condanna: tutti i militari coinvolti nell’omicidio, infatti, vengono assolti. L’ira dei nativi americani è furibonda.

A 190 anni esatti di distanza dalla morte di Gambo Di Mais (1777-1967), ecco che quello stesso territorio è vittima di una sciagura – il crollo del Silver Bridge – ed il Mothman imperversa tra Ohio e West Virginia, terrorizzando innocenti cittadini e manifestando la propria angosciosa presenza con fenomeni poltergeist, UFO, presenza di uomini non identificati. Incastri e coincidenze degni, appunto, di una potente ed oscura maledizione.

Il film, “The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra”: chi è Indrid Cold?

Le vicende legate alle apparizioni del Mothman trovano nel film “The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra” non solo una congeniale trasposizione cinematografica – che ambienta e riadatta le vicende del 1967 ai giorni nostri – ma anche una formidabile occasione per riportare alla ribalta una così interessante storia.

Nel film, John Klein (il giornalista interpretato da Richard Gere) viene contattato telefonicamente da Indrid Cold (curiosità: la voce di Indrid Cold è quella del regista, Mark Pellington). Un personaggio non umano, una entità “ultraterrestre”, una voce metallica e distorta. Questa entità onnisciente e dotata di poteri sovrannaturali sembra avvertire John Klein circa i drammatici fatti che stanno per sconvolgere Point Pleasant, ossia il crollo del Silver Bridge. Ebbene, Indrid Cold non è una invenzione cinematografica del regista, bensì una identità ignota realmente “esistita”. A narrarci di Indrid Cold è Woodrow Derenberger.

2 novembre 1966, ore 19:30 circa. Woodrow Derenberger – agente di commercio di Mineralwells, West Virginia – è in viaggio in auto da Marietta, Ohio, a casa. Ad un tratto, mentre sta percorrendo la Route 77 nei pressi di Parkersburg (West Virginia), avvista uno strano oggetto volante, un UFO dalla insolita forma allungata. Questo scende, affianca l’auto di Woodrow, quindi un uomo scende dal mezzo. All’apparenza un uomo di circa 1,85 m, di carnagione olivastra, capelli castano scuro, una giacca di color blu scuro metallizzato. L’uomo non emette parole dalla bocca ma comunica con Woodrow mediante telepatia. L’uomo si presenta col nome di “Cold”, Indrid Cold. Indrid appare cortese, amichevole: non ha intenzione di far del male. Woodrow, intimorito, interagisce con Indrid Cold per circa dieci minuti, prima che questi scompaia. Una conversazione bizzarra, nella quale Indrid Cold pone strane domande alle quali Woodrow risponde con stupore e terrore.

A stretto giro, la storia diventa di dominio pubblico. Media ed esperti del settore, compreso Keel, si interessano al racconto di Woodrow Derenberger.

La vita di Woodrow Derenberger, tuttavia, è per sempre segnata, nella psiche e nel fisico, dall’incontro con Indrid Cold. Quest’ultimo contatta più volte Woodrow: strane telefonate anonime, ronzii metallici, suoni distorti o solo silenzio. A  nulla serve cambiar numero di telefono: le telefonate non cessano.

Anche la moglie e i figli di Woodrow Derenberger affermano di essere venuti in contatto con Indrid Cold e altri “uomini”, esseri in grado di “mimetizzarsi” quotidianamente tra gli uomini.

“Uomini” che, sempre più prepotentemente, entrano nella vita della famiglia di Woodrow Derenberger: i proverbiali, i famigerati “Men in Black”, terminologia coniata proprio da John Keel. Men in Black, la cui presenza è registrata e documentata almeno dagli Anni ’50.

Men in Black: umani (agenti governativi, servizi segreti molto speciali e “non ufficiali”) interessati agli avvistamenti del Mothman o anch’essi “ultraterrestri”, questi ultimi i quali cercano di “mimetizzarsi” – spesso in modo buffo e anacronistico, secondo le numerose testimonianze – nella umana vita quotidiana? Umani intenti a insabbiare fenomeni UFO e paranormali o alieni che agiscono per il medesimo scopo? Le svariate correnti ufologiche si dividono e si scontrano da decenni. In ogni caso, si tratta di personaggi che intimoriscono le persone con cui vengono in contatto. E nei giorni degli avvistamenti del Mothman, in tanti vengono avvicinati da questi Men in Black: dalla giornalista Mary Hyre (coinvolta nelle cronache del Mothman e che morirà il 15 febbraio 1970) a Linda Scarberry, dagli stessi Steve e Mary Mallette a Faye Dewitt-Leport, da Marcella Bennett a Connie Carpenter, tutti testimoni della comparsa del Mothman. “Uomini” a bordo di Cadillac e Volkswagen nere provviste di targhe mai registrate, vestiti con abiti sovente anacronistici e desueti, descritti come non a conoscenza di banali usanze ed abitudini umane, ad esempio, lo stringere la mano in segno di saluto. Uomini che non sbattono mai le palpebre ed ingoiano il cibo senza masticarlo. Che controllano abitazioni, telefoni, case, persone, spesso minacciandole. Uomini, dunque, solo in apparenza. Lo stesso John Keel, dapprima diffidente verso coloro i quali raccontavano di questi curiosi e minacciosi uomini, entra in contatto con i MIB.

MIB, secondo il pensiero di Keel, anch’essi facenti parte di quel mondo a noi ignoto il quale, però, interagisce costantemente con la nostra realtà. I Men in Black, pertanto, denunciano una origine parafisica.

Nel film “The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra”, il personaggio di Gordon Smallwood (interpretato da Will Patton) evoca in modo netto ed evidente la vicenda di Woodrow Derenberger: anch’egli, infatti, è ripetutamente contattato da Indrid Cold, anch’egli ha una vita compromessa a seguito dei recidivi contatti da parte di Indrid Cold stesso. Una insanabile sofferenza fisica e psicologica che condurrà Gordon alla morte per ipotermia, in una notte gelida.

Ebbene, Indrid Cold si identificherebbe con il Mothman, creatura in grado di condizionare l’umanità e di palesarsi in circostanze particolari, prossime a imminenti disastri. Una creatura capace di ammonire ed avvertire l’umanità attraverso segnali criptici e spesso indecifrabili? O il Mothman-Indrid Cold si materializzerebbe in occasione di eventi luttuosi, non per avvertirci – e quindi aiutarci – ma in quanto sorta di demone? E, a quanto pare, il Mothman ed Indrid Cold vengono in contatto con numerose persone: innumerevoli, infatti, gli avvistamenti del Mothman e di uomini inquietanti. Il tutto accompagnato da avvistamenti di strani oggetti volanti e fenomeni poltergeist.

Nel film, infatti, anche l’agente Connie Mills (interpretata da Laura Linney) avverte in sogno la presenza del Mothman-Indrid Cold: “Sveglia, numero 37”, le pronuncia in sogno. 37, nel film, è l’ammontare delle vittime del crollo del ponte (nella realtà, ricordiamo, i deceduti sono 46).

Gordon, dal canto suo, rivela a John Klein che “99 moriranno”, come in precedenza riferitogli da Indrid Cold. Pochi giorni dopo, un incidente aereo mieterà 99 vittime.

La stessa vita di Klein, in realtà, è già stata sconvolta e segnata dalla presenza del Mothman. Assieme alla moglie, Mary (interpretata da Debra Messing), è vittima di un incidente automobilistico. L’incidente è causato dalla improvvisa comparsa, nell’oscurità della sera, di una figura inquietante, la quale fa perdere il controllo dell’auto alla donna. È la donna, infatti, la sola ad aver visto lo strano essere. Ricoverata, le verrà diagnosticato un tumore incurabile al cervello. John Klein, afflitto dalla morte della amata consorte, viene a conoscenza di alcuni strani disegni eseguiti dalla moglie stessa. I disegni ritraggono la strana figura avvistata quella sera: il Mothman. Da quel momento, la vita di John Klein sarà condizionata dalla oscura presenza dell’Uomo Falena, entità energetica che condurrà il giornalista – in modo inequivocabilmente paranormale – sino a Point Pleasant e ai suoi abitanti: fenomeni paranormali, incomprensibili eventi ed energie maligne, eventi luttuosi puntualmente verificatisi.

Il Mothman: è sempre stato tra noi?

Chi o cosa è il Mothman? Se è impossibile stabilire cosa realmente e fisicamente sia, è certamente verosimile valutare e decretare cosa esso rappresenti ed incarni nella cultura popolare. Il Mothman è una sorta di metafora della vita, un monito, una oscura presenza pronta a far sentire il proprio leggendario, mortale peso in occasione di tragici eventi. C’è chi dice, ad esempio, di aver visto il Mothman nei giorni della tragedia di Chernobyl e durante altri eventi luttuosi, dall’America all’Asia. Si è giunti persino a stilare una lista (l’autore è Loren Coleman) di decessi connessi, in qualche modo, al Mothman: non solo morti riconducibili agli eventi datati 1966-1967 (su tutti, il collasso del Silver Bridge), ma anche decessi avvenuti a seguito della uscita e della visione del film. Lutti che hanno colpito anche persone che hanno lavorato al film stesso. Semplici coincidenze del trascorrere degli anni o esiste davvero qualcosa di sovrannaturale che non riusciamo a percepire, a cogliere?

Animale ignoto, creatura “ultraterrestre” proveniente da un presunto “superspettro”, UFO, presenza di Men in Black, espressione maligna e tangibile delle umane disgrazie, ennesima rappresentazione della Morte. Il Mothman è tutto questo e molto altro ancora.

Oscuri presagi e precognizione accompagnano e caratterizzano la leggenda dell’Uomo Falena.

Una storia che – al pari di altre vicende sovrannaturali – fa traballare anche uno scettico ed una mente razionale come la mia. La sua inquietante e tetra raffigurazione, le storie e gli accadimenti che ruotano attorno alle sue apparizioni: elementi inquietanti, che si creda o no alla presenza fisica ed “in carne ed ossa” di un sedicente Uomo Falena. Impossibile non provare almeno un brivido di angoscia, di primitiva ansia. L’inspiegabile, in fondo, spaventa.

Pura inquietudine: che sia questa la reale eredità, la cruda essenza del Mothman?

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