Ch’a la seconda morte ciascun grida
(Dante, Inferno, I, v.117)
Risvegliarsi all’interno di una bara ermeticamente chiusa sarebbe senza dubbio una bruttissima esperienza!
Un’indimenticabile esperienza che non si avrebbe la possibilità di raccontare più a nessuno.
E sì, caro lettore risvegliarsi sotto un paio di metri di terra non dovrebbe essere una piacevolissima esperienza. Eppure non sono pochissimi i casi in cui – soprattutto nell’Ottocento e poco dopo – qualcuno morì due volte di seguito dopo esser tornato alla vita – che in realtà non aveva mai abbandonata! – in un angusto sepolcro, senza possibilità alcuna di invocare soccorso o poter rimuovere il coperchio della bara in cui una scienza medica un po’ frettolosa e approssimativa lo aveva condannato.
Il grande scrittore americano Edgar Allan Poe ne fece argomento di un suo ben noto racconto intitolato appunto “Le esequie premature”, ossessionato com’era dalla possibilità di venire sepolto senza le dovute, accurate verifiche del caso!
Ma cos’è la morte fisica? Quando si può ragionevolmente accertare – senza ombra di dubbio – che un essere umano ha cessato di vivere? Quali sono stati e sono tuttora i metodi per accertare il definitivo decesso di un individuo? Quali strani espedienti sono stati adottati in passato per… scappare dalla tomba una volta che ci si fosse accorti che la Nera Signora avrebbe dovuto attendere ancora un po’?
Nelle pagine che seguono vi farete un’ampia, un po’ macabra, cultura su tutti questi “affascinanti” argomenti, sperando naturalmente che non ne veniate eccessivamente suggestionati prima del tempo!
Dicesi morte la privazione di ogni proprietà biologica di un essere vivente.
Ma essa, salvo i casi di morte violenta, con distruzione totale e immediata degli organi vitali, è spesso un processo graduale, la cui ultima mèta è l’irreversibile cessazione di tre principali funzioni.
Lo so che in questi casi le definizioni “scientifiche” lasciano il tempo che trovano, ma per schematizzare un po’ il tragitto che ognuno, prima o poi, dovrà compiere sulla “barca di Caronte”, potremmo prendere in considerazione tra distinte fasi:
- la morte “circolatoria”, che contraddistinguerebbe la “morte clinica”.
- La morte “respiratoria”, che corrisponderebbe alla “morte reale”.
- La morte “cerebrale”, che coinciderebbe con la “morte legale”.
Quindi la morte biologica in senso stretto termina con la distruzione di ogni cellula dell’organismo una volta “vivente” a seguito delle progressive trasformazioni che avvengono nella complessa struttura dei corpi. “Umani” o meno, naturalmente…
Dopo la morte nel cadavere, infatti, avvengono delle caratteristiche trasformazioni…
Dapprima si verifica l’algor mortis (ovvero un progressivo raffreddamento del corpo), processo a cui segue il rigor mortis (la ben nota rigidità cadaverica) e infine il livor mortis (ovvero il ristagno e coagulazione del sangue).
Con la morte biologica “totale” il de cuius perde – ovviamente! – ogni capacità giuridica e diventa a tutti gli effetti… un cadavere.
Un brevissimo inciso.
Qualcuno ha fatto derivare il termine “cadavere” da tre parole latine che ne definirebbero la sorte finale: caro data verminibus, ovvero carne abbandonata ai vermi.
Vero o non vero, fine dell’ ”omeopatico” inciso.
Affinché un individuo possa essere definito tale è necessaria la totale assenza di qualsiasi attività cerebrale, verifica da effettuarsi – almeno secondo le norme vigenti nel nostro Paese – per almeno mezz’ora, per tre volte di seguito e utilizzando la medesima striscia di carta dell’elettroencefalografo (un po’ di confusione è sempre dietro l’angolo…)
Inoltre, nei casi molto “dubbi” – a seguito di un’operazione chirurgica, ad esempio –dovrebbe essere effettuata una prova di apnea, togliendo al soggetto il respiratore e provocando così un rapido decremento del pH ematico che scenderebbe, di norma, a valori inferiori a 7,4.
Tali controlli, in linea generale, dovrebbero effettuati per almeno sei ore, due volte di seguito – non prima di ventiquattro ore dal decesso “ufficioso” – da una commissione composta da un medico legale o anatomopatologo, da uno specialista in rianimazione e da un esperto di elettroencefalografia.
Diagnosi di morte (o di “vampirismo”)… “fai da te”
È ovvio che diagnosticare l’effettivo decesso di un individuo è esclusivo compito del medico legale, ma, in un’epoca in cui il “bricolage” appare sempre più diffuso in qualsiasi settore delle attività umane, potrebbe capitare – salvo non siate medici, spero, per voi, vivamente di no! – di trovarvi a diagnosticare l’effettiva morte di un individuo poco dopo il suo trapasso.
Naturalmente sto scherzando!
Ma, nel caso decidiate di vagare qua e là per i castelli della Transilvania, girovagando tra qualche semi-abbandonato e ben poco raccomandabile villaggio dei Carpazi come a me è capitato durante una mia esplorazione dei castelli di Vlad III Tepes – lo stokeriano Dracula – mentre il sole stava tramontando, chissà che non vi imbattiate in qualche esangue, avvenente, scarmigliata e, naturalmente, eccessivamente pallida fanciulla, con un paio di strani, inquietanti piccoli fori sul “modiglianesco” collo…
Che fare in questi improbabilissimi casi?
Rimboccatevi le maniche, ripassate mentalmente il manuale del prefetto “vampirologo” del celeberrimo professor Abraham van Helsing e coraggiosamente passate all’azione!
Dunque, dicevo? Ah sì, come dovreste fare per scoprire se un “non-morto” è veramente tale. O ci fa.
Avvicinate una mano del… cadavere ad una forte sorgente luminosa (in mancanza della più macabra candela, una lampadina qualsiasi andrà bene.).
La mano vi apparirà opaca e non traslucida come quella di voi viventi.
Dalla vostra trousse da cacciatore di vampiri, prendete uno spillo e pungete un dito della probabile “vampira”: non dovrebbe uscire neppure una goccia di sangue.
Pungendo con un semplice spillo la punta di un dito della sospetta “vampira” – nel caso in cui ella sia sul serio passata a miglior vita – non dovrà uscire neppure una goccia di sangue. In caso contrario, se non siete il dottor Abraham van Hesling o uno dei suoi più affezionati collaboratori… datevela a gambe!
Sempre prelevandola dal vostro equipaggiamento da “vampirologo”, potreste far cadere una sola goccia di Atropina in un occhio della fanciulla: notereste con terrore che la pupilla non si dilata affatto! Ci mancherebbe. L’Atropina provoca la dilatazione della pupilla. Ma soltanto in chi non è ancora salito per sempre sulla “Barca di Caronte”
Provate anche a legare, alla sua radice, un dito della probabile defunta: il dito non si gonfierà affatto. Premete con la punta di un vostro dito le “parti molli” della vostra pallida fanciulla ( o, se proprio dovesse capitare, del defunto…) sospettata di essere stata morsa da un “vampiro” DOC: dovrebbe formarsi un’impronta bluastra che non scomparirà quando toglierete – molto a malincuore… – il dito.
Avvicinate la fiamma di una candela al braccio della “defunta”: se la Nera Signora dovrà rimandare l’appuntamento si formerà una piccola vescicola piena di liquido. Ma se l’aspirante “vampira” è veramente passata (più o meno…) a miglior vita si formerà solo una escara secca, ovvero una crosta rossastra dovuta all’avvenuta morte cellulare del corpo che avete davanti.
Fatevi di nuovo coraggio! Strofinate la vostra mano, con veemenza, sulla pelle della sventurata “vittima” (vittima dei vostri maldestri esperimenti!): se ella è ancora tra voi, la parte da voi “accarezzata” si arrosserà per un maggior afflusso di sangue “vivo” nella circolazione periferica. Se, invece, la poverina è ormai diventata seguace di “Dracula” la zona rimarrà (ovviamente!) esangue e pallidissima.
Vi è rimasta un po’ di fluorescina nella trousse? Sì? Allora iniettatene una piccola quantità in una vena della vampirizzata ragazza: dopo pochi minuti, se il corpo è ancora vivo, la sclerotica – la parte bianca – degli occhi assumerà una inquietante colorazione verdastra , poiché è attiva la circolazione corporea. Invece, in caso di acclarata vampirizzazione, ciò non avverrà poiché il sangue non circola più.
Provate ora a praticarle un maldestro massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca (ora sì che la faccenda comincia ad interessarvi, vero?).
Nessun segno di vita? Nessun movimento attestante che l’operazione è di gradimento della gentil pulzella? Allora non insistete e passata a quest’ultimo espediente frutto, suppongo, delle antiche tradizioni della terra al di là delle foreste, la Transilvania.
Su un pezzetto di carta bianca tracciate tre croci mediante una soluzione di Acetato di Piombo. Lì per lì non vedrete nulla poiché la soluzione è incolore, ma se introdurrete il frammento cartaceo in una narice della improbabilissima “vampira”, dovranno subito comparire le tre croci da voi tracciate.
Verosimilmente dalla reazione dell’Acetato di Piombo con esalazioni “sulfuree” dovute ad un inizio di putrefazione del cadavere, in base alla reazione…
H2S+ Pb(CH3COOH2)2 à PbS8+ 2CH3COOH
Misteri della Transilvania! Semplice, no?
Però, chiedendo venia al paziente lettore per avere cercato, tra il serio e il faceto, di sdrammatizzare un po’ il più irreversibile tra gli eventi in cui, forse, ci si possa imbattere – “vampira” transilvana o meno – lasciate fare queste cose a chi se ne intende davvero, ad un medico!
Questo libro è un viaggio tra alcune tra le più atroci nefandezze che l’homo homini lupus può avere commesso nel corso dei secoli. Il ‘viaggio’ parte con una lunga esplorazione – compiuta dall’Autore – della Transilvania e dei castelli in cui abitò Vlad III Tepeş, l’Impalatore. Prosegue nel castello di Csejthe dove la ‘Contessa sanguinaria’ Erzsébet Bathory assassinò decine e decine di innocenti fanciulle per bagnarsi nel loro rosso fluido vitale alla ricerca di un’eternità che invece la condusse ad essere murata viva. Vi interessa una rapida esplorazione del bosco in cui visse e compì sanguinosi eccidi Elly Kedward, la ‘Strega di Blair’? E il nome di Gilles de Rais non vi dice nulla? Le sue folli gesta, le sue violenze su innocenti fanciulli compiute nei castelli in cui celebrava anche cerimonie ‘sataniche’ ispirarono Perrault per la stesura della celebre favola ‘Barbablù’. Ma il vostro ‘viaggio’ non termina certo qui, poiché vi attendono altre ‘odissee di sangue’, qualche interessante esperimento sul tema e un’interpretazione ‘scetticamente psicologica’ dell’umana follia.