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Rule of Rose: vince chi seppellisce viva la bambina?

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Rule of Rose

Rule of Rose è stato un videogioco molto discusso, tanto da arrivare sulle prime pagine di quotidiani stranieri e nostrani. Panorama lo riassunse nella famosa formula: “Vince chi seppellisce viva la bambina.”  A cosa è dovuta tanta attenzione? E soprattutto: le polemiche sono dalla parte del giusto?

Rule of Rose: trama

Rule of Rose

Siamo in Inghilterra, nel 1930.  Una ragazza, Jennifer, dorme sul sedile di un autobus che traversa cupe e desolate campagne britanniche. Con lei, c’è solo un bambino che legge ad alta voce un libro di fiabe. A un certo punto, il piccoletto si avvicina alla sua compagna di sventure e le chiede di concludere la lettura della storia.

Dopo aver dato un’occhiata al racconto della Principessa Sfortunata, il bambino si precipita fuori dall’autobus. Jennifer, preoccupata, decide di seguirlo. Si ritroverà ai piedi di un enorme edificio: il Rose Garden Orphanage. Una volta dentro, la ragazza individua il suo piccolo amico, che la canzona e scappa via, ricordandole che è giunta l’ora del funerale.

Il funerale di chi? pensa Jennifer. Il bambino risponde: di un tuo caro amico. Il pargolo sfugge di nuovo al controllo della ragazza e si fionda in un giardino, seguito ancora una volta dalla protagonista. Jennifer resta spiazzata. Un gruppetto di bambine sta, in effetti, prendendo parte a una cerimonia funebre. Quando è certa di non essere vista, Jennifer si precipita a scavare nella fossa.

Trova una bara di legno e non appena fa per spalancarla, il gruppo di orfanelle appare alle sue spalle. Tra una risatina e l’altra, le bambine improvvisano un rituale purificatore e versano su Jennifer una giara d’acqua limpida. Fradicia, con un vago sentore di tristezza, Jennifer fissa il cielo e fa per rialzarsi. Le bambine la spingono nella tomba, che viene sigillata e portava via.

Rule of Rose: la Regola della Rosa

Jennifer si risveglia in un ampio e umido ripostiglio. Da un altoparlante, il terribile bambino le spiega che per sopravvivere dovrà rispettare la Regola della Rosa. In cosa consiste questo monito? Jennifer avrà l’obbligo di donare ogni mese quanto richiesto dalla Principessa della Rosa Rossa, capo degli Aristocratici – il gruppetto di bambine che aveva sepolto viva la protagonista.

Nella missione, Jennifer è aiutata dal cane Brown, anche lui vittima delle angherie delle ragazzine. Insieme riusciranno a trovare i diversi pegni da portare alla Principessa, pur confrontandosi con mostri dall’aspetto deforme e fallimenti dalle inaudite conseguenze.

Ogni passo falso di Jennifer è punito con grande sadismo – dalla carezza di un topo sul viso, alla bocca piena di pastelli che tranciano il respiro. Ma più la ragazza sbaglia, più emergono gelosie e turbamenti che muovono il gruppetto degli Aristocratici. Le bambine non sono un puro strumento di agonia, messo lì dalla Principessa che ancora non si degna di mostrarsi. Ogni personaggio ha una sua storia, ma soprattutto un suo dolore.

Un concentrato di morte e ossessione

Rule of Rose

Spolpando al massimo la trama di Rule of Rose, arriviamo al punto decisivo. Il finale che spiegherà sia come mai l’orfanotrofio ci appare come un tetro dirigibile, sia chi si cela dietro il nostro rapimento. Abbiamo visto che, a trarre in inganno Jennifer, è stato il bambino incontrato sull’autobus. Ma di chi si tratta?

Niente meno che la Principessa della Rosa Rossa, Wendy. Di primo acchito è forse il personaggio più docile nella combriccola di pestifere ninfette dall’attitudine omicida. In realtà, è il vero motore della storia, un personaggio che alimenterà non poco le critiche contro Rule of Rose, essendo pervaso  da pulsioni quantomai ambigue e inquietanti.

Rule of Rose

Wendy è una bambina dalla salute cagionevole e per questo costretta a star segregata nella sua camera. Jennifer è (o meglio era) la sua unica amica e sin dai primi istanti nasce fra le due un rapporto di morbosa amicizia. Quando Jennifer, tormentata dalle altre bullette, scopre il piccolo cane Brown, si lega all’animaletto e vede in lui la sola ancora di salvezza per sopportare il soggiorno tra gli abbandonati. Wendy, però, gelosa del cane, ma furba come solo un innamorato può essere, inculca alle altre bambine che presto arriverà un Cane Randagio pronto a compiere un genocidio. Le bambine si lasciano convincere, rapiscono il cucciolo di Jennifer, lo gettano in un sacco e lo massacrano a suon di martellate.

Il tuo amico è nel sacco.

Jennifer viene portata ad assistere a quel famoso “funerale” che apriva il gioco: la morte del suo peloso amico. Presa dalla rabbia, schiaffeggia Wendy con violenza. Debole! Senza personalità! Una bugiarda! – le grida. Ma non sa che la fine di un sogno d’amore è sempre l’inizio di un incubo.

Il Cane Randagio

Rule of Rose

La bionda Wendy, sola e col cuore infranto, ordisce la sua vendetta contro gli orfanelli. Si traveste da maschio e finge di essere il figlio deceduto di un contadino che abita nei dintorni del ricovero. Con astuzia riesce a manipolare l’uomo e lo convince a recarsi all’orfanotrofio per compiere una vera strage.

Tutti i nodi della Principessa vennero al pettine. Il gioco è in realtà una trasposizione dell’inconscio di Jennifer. I bambini incontrati e conosciuti fino a quel momento sono tutti morti a causa della psicopatia del povero uomo. Rappresentano le proiezioni delle paure di una Jennifer passata. E le torture affrontate nel corso della storia si rivelano il riflesso delle vere prepotenze subite dalla ragazza. Così come i luoghi e i mostri – non a caso, le bestiacce che tentato di attaccarci, si aggrappano al nostro seno, gridando qualcosa di simile a “mamma!” segno che si tratta dei bambini che popolavano un tempo l’edificio.

Alla fine, Wendy  porge a Jennifer una rivoltella. Siamo davanti a una scelta. Uccidere o far ragionare il Cane Randagio. In entrambi i casi, però, si tratta solo di fare i conti col passato, di portare Jennifer a interiorizzare i proprio traumi, ad accettarli, e uscire in questo modo da un incubo antico, che scalpita dopo anni e anni.

Una storia vera?

Molti giocatori hanno speculato su un parallelo tra la vicenda di Jennifer e il caso Parker, avvenuto in Nuova Zelanda.

Rule of Rose

Juliet Hulme e Pauline Parker avevano un rapporto molto simile a quello di Wendy e Jennifer, con tanto di puerili e magiche fantasie. Avevano creato un altro mondo dove rifugiarsi, un mondo che però era stato spezzato dalle paure della madre di Pauline. La donna temeva per la sanità mentale della figlia. Queste preoccupazioni le costarono la vita. Come fu letto nel diario della giovane Pauline, le due amiche orchestrarono l’omicidio della signora Parker. L’assassinio, con ogni probabilità, e il sostrato malato che legava le ragazze, diventarono uno spunto per la psicologia di Wendy.

Temi che scottano

Rule of Rose

Si sarà capito che Rule of Rose ha una trama molto complessa e difficile da riassumere. Ancora oggi, sono tanti gli appassionati che avanzano teorie per spiegare gli oscuri misteri che aleggiano intorno al titolo. Ogni dettaglio, in Rule of Rose, è pregno di significati che rimandano al passato dei personaggi e a tematiche non sempre affrontare nei videogiochi.

La pedofilia ci viene messa sotto gli occhi nella sua veste più drammatica. I personaggi interessanti da questa crudeltà – la rossa Diana, l’adolescente Clara – mostrano i segni evidenti della violenza perpetrata dal direttore Hoffmann. Soffrono di autolesionismo, la loro storia è collegata alla figura mitologica della sirena, per antonomasia una creatura splendida perché solo metà donna, senza organi riproduttivi.

Non manca poi il bullismo che sfocia in un rapporto ossessivo-compulsivo con il sé e trascina, tra boccoli e crinoline, il fantasma della bulimia. Una debolezza che vuole apparire forza solo tramite la violenza.  E di violenza, nel gioco ce ne è molta. Non si tratta di un sentimento gratuito. Sono gli effetti che una cattiva amministrazione – in questo caso di un orfanotrofio – esercita su dei bambini, sfruttati, lacerati, e lasciati a loro stessi.

Critiche e censura

Rule of Rose

Bambini che uccidono, bambine che amano altre bambine, il sapore di una favola con principesse e principi che mascherano umiliazioni e martiri. Come poteva un gioco del genere passare inosservato? Molti paesi lo bandirono dal mercato, altri cercarono di tagliare le scene più ambigue e traslare l’età delle protagoniste. In Italia, nel lontano 2006, si assisté a una vera congiura mediatica.

Vince chi seppellisce viva la bambina. Così esordiva Pietro Calabrese su Panorama. Dimostrazione palese di chi criticava il titolo senza averlo mai giocato. Rule of Rose non è un videogioco per pargoletti. Non stiamo parlando di un Super Mario. Molto spesso, soprattutto nel nostro paese, si tende a fare un equazione del tipo: videogioco uguale bambini. Senza sapere che, come ogni prodotto artistico, anche i videogiochi vengono smistati secondo generi – in questo caso stiamo parlando di un horror – e target.

Rule of Rose

Rule of Rose venne smerciato con PEGI 16. Ciò vuol dire che se un bambino di cinque anni, ma anche di quattordici, si presentava alla cassa di un negozio con il suddetto titolo, vedergli quella copia sarebbe stato un reato, punibile per legge. I contenuti possono certo inquietare il giocatore, ma siamo dinanzi a un’opera costruita con minuzia, a tratti poetica, a tratti devastante. Rule of Rose è un viaggio nella psiche umana e, come tale, non può che essere sublime e grottesco.

Conclusione

Rule of Rose

La Punchline, casa di sviluppo del gioco, fallì pochi anni dopo il rilascio di Rule of Rose. Non si sa se le critiche al titolo abbiano o meno influito, fatto sta che oggi una copia originale del gioco vale dai 100 ai 400 euro.

Infine, ammetto di essere di parte. Rule of Rose è un videogioco che ho nel cuore e che giocai, bando alla legalità, quando avevo più o meno dieci anni. All’epoca ci capii davvero poco. Con il passare del tempo, apprezzai le modalità narrative, il gioco del velo alla Elisabeth Gaskell – nascondere il peggio, farlo intuire o mostrarlo attraverso metafore ed espedienti macabri o fiabeschi – e l’immancabile colonna sonora, a mio dire una delle più belle su PS2.

Ecco a voi un assaggio, se non del gioco, almeno della musica che lo accampagna: il Leitmotiv di A Love Suicide, qui in versione originale:

Per tutte le speculazioni sul gioco, misteri, simboli e teorie: QUI 

1 commento

  1. Mi chiedo se l’autore di quel articolo di Panorama sappia anche che ha mandato in bancarotta Punchline dopo solo due partite, o quanti lavori ha rovinato per questo.

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