Giorgio William Vizzardelli, conosciuto anche come il killer di Sarzana, è stato un serial killer diventato il più giovane ergastolano della storia italiana.
Ha ucciso 5 persone nel comune di Sarzana, in provincia di La Spezia, cominciando quando aveva appena 14 anni.
Giorgio William Vizzardelli
Giorgio nasce nel 1922 e vive con la famiglia a Sarzana, dove il padre è direttore dell’Ufficio di Registro (che corrisponderebbe all’Agenzia delle Entrate moderna).
Il padre gli impartisce una forte disciplina, così come gliela impartiscono a scuola. Giorgio è uno studente svogliato, che si caccia spesso nei guai, ma è comunque ritenuto un bravo ragazzo.
Da bambino sopravvive a un forte terremoto, esperienza che lo sciocca profondamente lasciandogli anche frequenti mal di testa.
Crescendo comincerà due hobby: sparare con la pistola e distillare liquori in casa. Comincia anche a leggere le biografie di Al Capone, vedendolo come un idolo da imitare.
I primi omicidi
A soli 14 anni uccide il rettore e il guardiano del collegio che frequentava.
Entra nello studio del rettore, Don Umberto Bernardelli, che pensa a una rapina e gli consegna una busta con 50.000 lire. Giorgio Vizzardelli però spara, uccidendo il rettore. Mentre scappa viene visto dal custode, Frate Andrea Bruno, che lo riconosce e spara anche a lui.
Più avanti confesserà che aveva ucciso il rettore perché giorni prima l’aveva punito con uno schiaffo per avere bruciato delle carte geografiche.
Giorgio non aveva mai sopportato l’imposizione della disciplina con la violenza, e uccidendo il rettore si era simbolicamente vendicato di tutti i maestri che lo avevano picchiato, spesso fino a farlo sanguinare.
Dopo gli omicidi torna a casa e si comporta in modo tranquillo, come se nulla fosse accaduto. La polizia non sospetta minimamente del ragazzo e, anzi, segue la pista politica arrivando ad arrestare un giovane innocente. Il giovane, avendo un alibi di ferro, sarà poi rilasciato e risarcito dal Duce in persona con 25.000 lire.
La gente invece mormora sulla condotta morale del rettore, che si dice abbia avuto molti incontri amorosi con diverse donne, e pensa che l’omicidio sia stato portato a termine da un marito geloso.
Gli altri omicidi
Un conoscente di Giorgio, un barbiere ventenne, un giorno gli dice scherzando che forse l’autore degli omicidi è proprio lui. Giorgio nega, ma dal suo comportamento l’amico capisce che è davvero stato lui. Invece di denunciarlo lo ricatta chiedendogli la metà dei soldi sottratti al rettore. Giorgio gli dà la sua parte in piccole somme, ma il barbiere vuole di più. Giorgio gli dice allora che ha nascosto i soldi e gli dà un appuntamento. Quando il barbiere arriva a bordo di un taxi, Giorgio lo fredda a colpi di pistola. Poi, con una pistola diversa, uccide anche il tassista. La polizia capisce che non si tratta di un killer spinto da motivazioni politiche e collegano i due ultimi omicidi ai primi. L’ultimo omicidio di Giorgio avviene nel dicembre del 1938, quando uccide il guardiano dell’ufficio di Registro, Giuseppe Bernardini di 75 anni, poi ruba 30.000 lire.
Il guardiano verrà ritrovato morto, con testa fracassata e una scure ancora incastrata nel cranio. La polizia nota che non ci sono segni di effrazione e che quindi chi è entrato doveva avere la chiave. Vanno subito a casa di Giorgio, il cui padre è il direttore dell’ufficio, e lo interrogano.
L’uomo dice che le chiavi le ha lui e le mostra al poliziotto che nota una sostanza appiccicaticcia su alcune di esse. Quando scopre che l’hobby del figlio è quello di distillare liquori, portandolo quindi a sporcarsi le mani con sostanze appiccicose, decide di interrogare anche lui.
All’inizio nega tutto, ma ci sono troppi indizi contro di lui:
- la sostanza sulle chiavi
- il fatto che la sera dell’ultimo omicidio non avesse un alibi (non era tornato a casa e il padre aveva fatto denuncia di scomparsa, poi ritirata)
- conosceva il barbiere
- frequentava la scuola dove erano avvenuti i primi due omicidi
L’arresto e la condanna
Alla fine confessa tutto, gli omicidi e i moventi. Il movente dell’ultimo omicidio era quello di rubare dei soldi con cui poi scappare in America, terra del suo idolo Al Capone. Quando lo arrestano dice che in Italia i suoi crimini non sono stati capiti e che se fosse stato in America, sarebbe diventato una celebrità come il suo idolo.
Non viene condannato a morte perché ancora minorenne, ma viene condannato all’ergastolo. Il padre farà di tutto per farlo uscire e nel 1968 otterrà la libertà vigilata.
Va a vivere a casa della sorella dove, cinque anni dopo, si suicida tagliandosi la gola con un coltello da cucina.
Così finisce uno dei casi di cronaca nera quasi dimenticato, ma che ha contribuito alla storia criminologica italiana.
wow ero totalmente all’oscuro di questa storia.