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Antonio Boggia (il Mostro di Milano) – Il primo serial killer italiano

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Antonio Boggia è anche conosciuto come “il Mostro di Milano” o “il Mostro di Stretta Bagnera” ed è considerato il primo serial killer italiano.

Antonio Boggia

Antonio nasce nel 1799 a Urio, in provincia di Como. Già da giovane viene denunciato per truffa e nel 1824 scappa nel Regno di Sardegna. Anche lì decide di continuare una vita all’insegna del crimine e viene arrestato per rissa e tentato omicidio.

Approfittando però di una rivolta, riesce a scappare e va a Milano dove trova lavoro come fochista. Nel 1831 si sposa e va a vivere insieme alla moglie in uno stabile di Via Nerino 2 in un immobile di proprietà di Ester Maria Perrocchio.

Compirà il primo omicidio nell’aprile 1849, derubando e uccidendo Angelo Ribbone e seppellendo poi nel suo scantinato della Stretta Bagnera (oggi Via Bagnera).

Nel 1860, grazie alla denuncia del figlio di una delle vittime, cominciano le indagini su Antonio Boggia che porteranno al suo arresto e alla sua condanna a morte.

La denuncia di Giovanni Murier

Il 26 febbraio 1860 Giovanni Murier, figlio di Ester Parrocchio, sporge denuncia per la scomparsa della madre.

Nella denuncia dichiara che l’anno prima era stato a trovare la madre nello stabile di Via Nerino, di cui era proprietaria, senza trovarla. I coniugi Trasselli, custodi dell’immobile, gli dicono che la donna è partita per una vacanza sul lago di Como. Madre e figlio non sono in buoni rapporti, quindi Giovanni non si pone troppe domande e decide di tornare di lì a qualche settimana.

Quando per la seconda volta non trova la madre in casa, Giovanni esige spiegazioni più dettagliate dai custodi, che però sembrano non voler parlare. Tuttavia, parlando spunta il nome di Antonio Boggia, un capomastro che negli ultimi tempi era diventato amico intimo di Ester. 

L’uomo rintraccia Boggia, che gli mostra delle lettere della madre in cui si legge che lo delega come amministratore dello stabile in sua assenza. Giovanni, abituato alle stranezze della madre, decide di non indagare oltre. Aveva già sporto denuncia in passato e Boggia era stato convocato dalla polizia. Dopo aver mostrato le lettere di Ester però era stato rilasciato.

La denuncia del notaio

Giovanni continua dicendo che un giorno Boggia lo aveva contattato dicendogli che sua madre aveva deciso di stabilirsi definitivamente a Como. Aveva affittato l’intero palazzo a un solo inquilino, ma lasciava l’appartamento in cui lei aveva vissuto al suo unico figlio.

Giovanni, felicissimo della bella notizia, si reca con Boggia da un notaio per stipulare il contratto di comodato. Dopo aver firmato l’atto, Boggia se ne va e il notaio ne approfitta per parlare con Giovanni. Gli dice che quando Boggia e sua madre erano andati da lui per renderlo l’amministratore del palazzo, lui si era rifiutato di stipulare la procura. Ester non gli era sembrata lucida e aveva paura che Boggia la stesse truffando, quindi l’aveva cacciato dal suo ufficio.

Aveva poi avvisato la questura, che aveva però archiviato il tutto quando aveva scoperto che la donna era andata a vivere a Como e, quindi, fuori dalla giurisdizione di Milano.

 In seguito a questa dettagliata denuncia, viene aperto un fascicolo su Antonio Boggia.

Le indagini

La polizia comincia a indagare sul passato di Boggia, scoprendo una denuncia del 3 aprile 1851. A farla era stato il signor Comi, un contabile che era stato invitato da Boggia nel suo magazzino per fargli controllare alcuni conti.

Mentre era distratto, Boggia l’aveva colpito alla testa con un’ascia. L’uomo però era riuscito a scappare e a sporgere denuncia.

In seguito all’attacco, Boggia era stato condannato a 3 mesi nel manicomio della Senavra.

Interrogato sulla scomparsa di Ester, Boggia finge di non ricordare niente e la polizia ordina di perquisire la sua casa e il suo magazzino.

Il corpo di Ester venne ritrovato, senza testa e senza gambe, murato nel sottoscala di via Bagnera. Portato sul luogo del ritrovamento, Boggia confessa.

Aveva ucciso Ester in casa sua, poi era andato con due amici e con la madre di uno di loro da un notaio. Spacciarono la donna per Ester, affermando che volesse fare amministrare a Boggia lo stabile di via Nerino. Il notaio, sentendo puzza d’imbroglio, si era rifiutato di stipulare la procura. Boggia allora si era recato con un’altra donna da un altro notaio, che aveva finalmente firmato la procura.

Gli altri omicidi

Continuando la perquisizione della casa di Boggia, la polizia trova altre due procure, una rilasciata da Serafino Ribbone e una da Pietro Meazza.

La procura di Ribbone, datata 1848 e ovviamente falsa, incaricava Boggia di ritirare per lui del denaro. In realtà anche questa vittima era stata attirata nel magazzino e uccisa. 

La procura di Meazza incaricava Boggia di amministrare la sua bottega. Boggia, dopo avere ucciso Meazza, aveva venduto la sua bottega. 

A Boggia viene ricollegata anche la scomparsa del mercante Marchesotti di cui si erano perse le tracce il 15 gennaio 1850. Anche lui era stato truffato e poi ucciso da Boggia.

I corpi di tutte e tre le vittime vennero ritrovati sepolti nella cantina del killer.

L’arresto e la condanna

Boggia viene arrestato e cerca di farsi passare per pazzo, sperando di essere mandato di nuovo in manicomio. Il suo piano però non funziona e viene condannato a morte.

Venne giustiziato l’8 aprile 1862. Non essendoci boia a Milano a quel tempo, ne vennero fatti arrivare due, uno da Torino e uno da Parma. 

Boggia è stato l’ultimo civile giustiziato a Milano fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Il suo corpo decapitato è stato sepolto nel cimitero del Gentilino, mentre la testa è stata messa a disposizione del Gabinetto Anatomico dell’Ospedale Maggiore e poi messa a disposizione del padre della criminologia, Cesare Lombroso.

Una mannaia del killer è conservata presso il Museo di Arte Criminologica di Olevano di Lomellina, in provincia di Pavia. 

Si dice che il fantasma di Boggia infesti ancora la Via Bagnera.

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