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Gilles de Rais il Barbablù originale

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Gilles de Rais è stato un militare del XV secolo famoso per essere un sadico torturatore che amava rapire e uccidere bambini per poi violentarne i cadaveri. Venne in seguito soprannominato Barbablù, come il protagonista della fiaba di Perrault del 1697. Molti sono concordi nel pensare che ne sia stato l’ispirazione.

Storia di Gilles de Rais

Gilles de Laval, barone di Rais, era un giovane nato nel 1404 in una famiglia molto ricca. Ricevette un’ottima istruzione sia scolastica che militare che lo portarono persino a combattere, all’età di 23 anni, al fianco di Giovanna d’Arco. 

All’età di 11 anni perse il padre il che lo rese titolare di un’immensa ricchezza che aumentò quando, a 16 anni, sposò Catalina de Thouars una sua ricca cugina. La sua vita era perfetta, ma tutto cambiò quando Giovanna d’Arco venne arrestata. Il giovane cercò di salvarla con ogni mezzo senza però avere successo e la d’Arco venne bruciata sul rogo.

Gilles rimase scioccato dal fatto di aver perso la donna che idolatrava e decise di separarsi da sua moglie per rinchiudersi nel suo castello di Tiffauges, senza più avere rapporti con nessuna donna.

Dopo essere rimasto in isolamento decise di sfidare Dio e Chiesa per aver permesso che Giovanna d’Arco venisse arsa.

Il cambiamento di Gilles

Cominciò dunque con feste sfrenate che avevano luogo in molti dei suoi castelli, ma le sue spese eccessive lo obbligarono ben presto a vendere molte proprietà.

Preoccupato per le molte perdite, e senza possibilità di guadagnare altro denaro, provò con l’alchimia.

Fece costruire un laboratorio in un’ala del castello e, insieme ad alchimisti e maghi da tutta Europa, cominciò la ricerca della pietra filosofale per trasformare i metalli in oro.

Dato che non otteneva nessun risultato licenziò quasi tutti gli alchimisti e lavorò solo con i pochi di sua fiducia i quali lo convinsero che per riavere le sue ricchezze avrebbe dovuto chiedere aiuto al Diavolo.

Nelle sue biografie è anche riportato che l’unico beneficiario del suo testamento sarebbe stato il Diavolo in cambio delle ricchezze però non gli avrebbe ceduto l’anima.

Gli omicidi e le torture

Il primo omicidio venne compiuto proprio per realizzare un patto con il demonio: avrebbe dovuto sacrificargli un bambino. Gilles lo fece ma dopo aver compiuto il rito, tagliando al bambino i polsi e strappandogli il cuore e gli occhi, nulla successe.

Questo delitto però gli fece scoprire una passione fino ad allora sconosciuta: la tortura, la violenza e l’omicidio.

Le sue vittime preferite erano bambini e adolescenti e si calcola che abbia ucciso fino a 200 bambini, ma probabilmente il numero è più alto.

Nell’estate del 1438 cominciarono a sparire, da Nantes e dai villaggi vicini, bambini e ragazzini e la maggior parte delle scomparse avveniva vicino al castello del barone di Rais. A volte Gilles faceva entrare i bambini che mendicavano e poi li torturava, uccideva e violentava.

La descrizione delle sue perversioni

Durante il suo processo Gilles racconterà come amava visitare la sala delle torture dove i bambini erano tenuti prigionieri, appesi a dei ganci.

A volte, vedendo i bambini piangere e implorarlo, si fingeva pentito e ne toglieva uno dai ganci. Lo prendeva fra le braccia, lo consolava e lo rassicurava fino a guadagnarsi la sua fiducia. Poi estraeva un coltello e li sgozzava per poi violentarne il cadavere.

In un’altra occasione invece scelse un bambino e lo portò nel letto che si trovava nella stanza delle torture. Dopo qualche carezza sgozzò il povero bimbo e, di fronte al sangue che sgorgava, gli strappò i vestiti e cominciò a strofinare il suo pene sul ventre del ragazzino agonizzante. Raggiunse l’apice del piacere e, in uno scatto di rabbia, decapitò il piccolo.

Successivamente, in piena estasi, ebbe un rapporto con il cadavere, baciandolo e leccandone il sangue, fino a raggiungere un altro orgasmo.

Fece portare via il corpo e lo fece bruciare ma volle conservare la testa. Poi cadde in un sonno profondo. La mattina seguente tutto era pulito, sistemato dai suoi servi. Si fece portare la testa della sua vittima e Gilles pianse, promettendo di cambiare. Poi però baciò la testa e se la portò a letto, sussurrando che presto sarebbe stata in compagnia di altre teste.

Infatti uno dei piaceri di Gilles stava nel tenere le teste decapitate impalate nella sua stanza. Le faceva pettinare e truccare da un suo servo e poi teneva dei concorsi di bellezza. La testa vincente sarebbe servita a scopi necrofili.

L’arresto

Ben presto la gente di Nantes cominciò a sospettare di Gilles dei frequenti rapimenti, ma essendo un personaggio importante, ed essendo le vittime di umile origine, nessuno aveva il coraggio di formulare accuse dirette. La voce però si sparse fino ad arrivare al Duca di Bretagna il quale fece partire un’indagine.

Il 13 settembre 1440 Gilles de Rais venne arrestato e nel suo castello vennero ritrovati i resti di 50 ragazzini. Il numero totale però va dai 140 ai 200.

Interrogato non volle confessare nemmeno sotto tortura, ma quando gli dissero che poteva essere scomunicato confessò tutto in cambio di redenzione.

Si dichiarò colpevole di tutti i capi d’imputazione e confessò. Nelle sue dichiarazioni disse di aver decapitato egli stesso alcuni ragazzi e di averne uccisi altri a bastonate.

Dichiarò di avere baciato i corpi morti, provando più piacere con quelli che avevano una bella testa e un bel membro. Provava piacere in tutto ciò e amava particolarmente sedersi sullo stomaco dei bambini agonizzanti per vederli morire.

Disse anche che non era stato aiutato da nessuno e che aveva fatto tutto da solo.

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Nel libro “El Mariscal de las Tinieblas” di Juan Antonio Cebrián: troviamo alcune dichiarazioni rilasciate da Gilles al processo: (un libro in italiano a tal proposito è “Il processo di Gilles de Rais”, che puoi scaricare qui)

La confessione

“Io, Gilles de Rais, confesso che tutto quello di cui sono accusato è vero. E’ vero che ho commesso la più ripugnante delle offese contro molti esseri innocenti, bambini e bambine, e che nel corso di molti anni ne ho rapiti o fatti rapire molti. Una cosa di cui mi vergogno molto è che non ricordo il numero esatto, e con loro ho commesso molti crimini e peccati.
Confesso che ho ucciso quei bambini in diversi modi e facendo uso di diversi metodi di tortura: alcuni li ho decapitati con coltelli o pugnali; altri li ho uccisi a bastonate o frustate; altri li legavo con corde e funi alle travi di legno fino a farli morire soffocati.

Confesso che provavo piacere nel ferirli e ucciderli così. Godevo nel distruggerne l’innocenza e nel profanarne la verginità.

Provavo un grande piacere nello strangolarli. Ammiravo quelli che avevano una bella testa e dei membri proporzionati pero poi aprire i loro corpi e divertendomi nel guardare i loro organi interni. Molto spesso quando stavano morendo mi sedevo sul loro ventre e godevo della loro agonia.

Mi piaceva vedere scorrere il sangue, mi dava molto piacere. Ricordo che sin dall’infanzia i più grandi piaceri mi parevano terribili. L’unica cosa che mi interessava era l’Apocalisse e cominciai a credre prima all’inferno che al paradiso. Uno si stanca e si annoia delle cose ordinarie.

Le motivazioni

Cominciai a uccidere perchè ero annoiato e ho continuato a farlo perchè così sfogavo la mia energia. La morte è diventata la mia divinità, la mia sacra bellezza.

Vivo con la morte da quando mi sono accorto che potevo respirare. Il mio gioco preferito è immaginarmi morto e mangiato dai vermi.

Sono una di quelle persone attratte da tutto ciò che ha a che fare con la morte e la sofferenza, è una forza terribile che spinge verso il basso. Se potessi descriverlo o esprimerlo, probabilmente non avrei mai peccato. Io ho fatto sì che altri uomini possano sognare. Io sono il vostro incubo.”

Esecuzione

I 26 ottobre venne portato insieme a due complici al patibolo per essere impiccato e arso al rogo. Nel patibolo si pentì pubblicamente invitando tutti a non seguire il suo esempio e chiedendo perdono ai genitori delle sue vittime. Morì afferrandosi disperatamente alla sua fede cristiana

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