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Cayetano Santos Godino – il bambino che uccideva i bambini

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Cayetano Santos Godino, conosciuto anche con il nome di “Petiso Orejudo” (il piccolo con le orecchie grandi), è stato un serial killer bambino Argentino.

Infanzia di Cayetano Santos Godino

I suoi genitori erano emigrati dall’Italia, precisamente da Romano in provincia di Cosenza, nel 1884 ma non avevano fatto fortuna e vivevano in povertà. Il loro primo figlio, Antonio, era epilettico e crebbe diventando un alcolizzato come suo padre.

Entrambi sfogavano la loro rabbia su Cayetano, che picchiavano e umiliavano costantemente.

All’età di 5 anni Cayetano cominciò a frequentare varie scuole, ma veniva sempre espulso per la sua mancanza di interesse verso lo studio e per il suo carattere ribelle.

Cominciò quindi a vagare per le strade di Buenos Aires, che sarebbero state teatro dei suoi omicidi.

I primi tentati omicidi

Il primo tentativo di omicidio lo fece alla tenerissima età di 7 anni.

Il 28 settembre 1904 trascinò il piccolo Miguel Depaoli, di quasi due anni, in un campo e lo picchiò selvaggiamente, per poi buttarlo su dei rovi.

Fortunatamente un poliziotto passando di lì vide la scena e portò entrambi in commissariato, dove le rispettive madri vennero a prenderli.

Il secondo tentativo di omicidio avvenne l’anno successivo, quando

cercò di uccidere a colpi di pietra sulla testa una bimba di 18 mesi, Ana Neri.

Anche questa volta un poliziotto vide la scena e li portò in commissariato. Cayetano, data la giovane età, venne lasciato libero.

Il primo arresto

Cayetano Santos Godino

Purtroppo il suo rilascio diede l’occasione a Cayetano di attuare

il suo primo omicidio, quello di Maria Rosa Face, di soli tre anni, che cercò di strangolare e poi non riuscendovi la seppellì viva il 29 marzo 1906.

Nonostante questo sia stato il suo primo omicidio, venne scoperto solo quando Cayetano lo confessò dopo il suo arresto.

Pochi giorni dopo, il 5 aprile, il padre del Petiso Orejudo lo denunciò per aver ucciso degli uccelli domestici. Infatti aveva trovato in una scarpa un uccellino morto e, sotto al letto del figlio, una scatola piena di altri cadaveri di uccellini.

Il verbale, tuttora disponibile, recita che

Fiore Godino, padre di Cayetano, si presentò al commissariato per denunciare il figlio in quanto totalmente ribelle all’autorità paterna.

Affermò che il figlio dava fastidio ai vicini, tirando loro oggetti e ingiuriandoli, e chiese aiuto alla polizia.

Dopo questa denuncia Cayetano venne messo in prigione, dove rimase per due mesi. Quando venne liberato tornò a vagabondare per le strade.

Gli altri omicidi e reati

Il 9 Settembre 1908 tentò l’omicidio di Severino Gonzalez Calò, di tre anni. Lo portò in una stalla dove cercò di affogarlo mettendolo in un abbeveratoio per cavalli,

coprendolo poi con un asse di legno. Fortunatamente arrivò il proprietario che salvò il piccolo, ma Cayetano affermò di non avere colpa in quanto dichiarò che a rapire il bambino fosse stata una “signora vestita di nero”. Entrambi vennero portati alla polizia.

Sei giorni più tardi bruciò con una sigaretta le palpebre ad un bimbo di 22 mesi. La madre della vittima lo vide, ma Cayetano riuscì a fuggire.

In dicembre i genitori, stanchi del suo comportamento, lo consegnarono di nuovo alla polizia che lo mandò in un riformatorio per minorenni

dove imparò un poco a leggere e a scrivere, ma questo non migliorò la sua situazione. Tre anni dopo i genitori chiesero la sua scarcerazione per farlo tornare a casa con loro.

Gli avevano trovato lavoro in una fabbrica, sperando così che si calmasse; purtroppo però il ragazzo perse il lavoro 3 mesi più tardi e ricominciò a vagabondare per le strade e a bere. Nel 1912 diede fuoco ad un negozio e venne arrestato.

Di nuovo rilasciato fu libero di continuare ad uccidere. Nello stesso anno commise infatti 3 tentativi di omicidio, 3 omicidi e appiccò vari incendi.

Ultimo omicidio e arresto

Cayetano Santos Godino nel carcere di UshuaiaVenne arrestato per gli incendi e grazie a questo arresto scoprirono che Cayetano era stato l’autore  dell’omicidio di Gesualdo Giordano, la sua ultima vittima di soli tre anni.

Il Petiso Orejudo lo aveva convito a seguirlo con la promessa di caramelle, poi lo aveva portato in un edificio abbandonato dove lo aveva strangolato con una cordicella.

Il bimbo si dimenava e Cayetano fu costretto a legargli mani e piedi, ma il bimbo resisteva e il Petiso uscì dall’edificio per cercare un’altra arma.

Fuori incontrò il padre di Gesualdo che gli chiese se avesse visto suo figlio. Cayetano negò e gli consigliò di fare denuncia alla polizia.

Poi prese un chiodo di 10 centimetri, rientrò nell’edificio, lo piantò nella tempia del bimbo agonizzante e scappò a casa.

Il corpicino venne ritrovato lo stesso giorno e Cayetano andò ad assistere alla veglia funebre del piccolo, ma dopo aver visto la salma scappò piangendo: il chiodo che gli aveva conficcato non c’era più.

Alcuni poliziotti sospettavano di lui e il giorno dopo lo perquisirono. In tasca gli vennero ritrovati dei ritagli di giornale dell’omicidio e un pezzo della corda usata per uccidere Gesualdo.

Dopo il suo arresto confessò i suoi omicidi e tentati omicidi e nel 1914 venne giudicato non capace di intendere e di volere, venendo spedito in un ospedale psichiatrico.

Lì assaltò due pazienti e cercò di fuggire. Arrestato di nuovo venne messo in carcere, definitivamente.

Passò i suoi ultimi giorni solo, senza visite e costantemente picchiato e violentato dagli altri carcerati.

Le circostanze della sua morte non sono chiare: alcuni dicono che sia morto per un’infezione dovuto ad un’ulcera, altri che sia stato picchiato a morte dagli altri carcerati dopo aver ucciso il gattino del penitenziario.

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