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Scopri la tortura del topo (o tortura dei ratti)

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L’uomo, si sa, può essere molto ingegnoso soprattutto quando c’è da fare del male. Ne sono testimonianza le centinaia di metodi di tortura inventate, inclusa la tortura del topo, sin dall’inizio delle prime civiltà.

Cos’è la tortura del topo?

La tortura del topo è stato uno dei metodi usati dalla Santa Inquisizione per cercare di estorcere confessioni da presunte streghe e stregoni.

Nel 1484 una bolla papale di Innocenzo VIII dà il via alla caccia alle streghe. Due anni dopo viene scritto il “Malleus Maleficarum” che in seguito diventerà il testo ufficiale dell’Inquisizione in materia di streghe.

Torniamo ora alla tortura del topo. In realtà sarebbe meglio parlare al plurale, in quanto sono a conoscenza di almeno due metodi per straziare un essere umano solo con un topolino.

Primo metodo

Il primo metodo era di facile esecuzione: si prendeva una gabbia e all’interno ci si metteva un topo. Nel frattempo la vittima veniva messa distesa su un cavalletto o una tavola di legno, con mani e piedi legati. Dopodiché si appoggiava la gabbia sul suo ventre, rimuovendone la parte sottostante in modo che il topo venisse a diretto contatto con la pelle del malcapitato. In seguito si metteva un braciere ardente o una qualsiasi altra fonte di calore sulla parte superiore della gabbia.

A questo punto il topo, per scappare dal calore, cominciava a mordere la carne della vittima, mangiandola viva.

Questa tortura provocava atroci dolori e poteva durare molto a lungo prima che sopraggiungesse la morte.

Secondo metodo

Anche il secondo metodo era di facile esecuzione.

Si inseriva semplicemente un topo nell’ano o nella vagina della vittima, con il muso rivolto verso gli organi interni. Poi si cucivano gli orifizi.

Come per il primo metodo, il topo cercava in ogni modo di uscire e liberarsi e per farlo graffiava e mordeva tessuti e organi interni della vittima provocando emorragie interne e atroce dolore.

La tortura dei ratti nell’era Elisabettiana

L’era Elisabettiana è quel periodo storico Inglese marcato dal regno della Regina Elisabetta I e va dal 1558 al 1603.  La Torre di Londra era allora usata come prigione e ci sono molte testimonianze dell’uso della tortura dei ratti in questo carcere.

Un metodo di tortura era simile a quello usato dall’Inquisizione, e cioè il posizionamento di una gabbia o di un vaso sul ventre del prigioniero con una fonte di calore posta sopra.

Un altro metodo invece era quello di lasciare i prigionieri in una stanza completamente buia sotto al livello dell’acqua del Tamigi. Quando la marea saliva, i ratti si riversavano in queste stanze e spesso finivano per dilaniare le carni dei prigionieri.

John Howard, paladino dei diritti umani, descrive le condizioni della prigione in uno dei suoi libri “Lo stato delle prigioni” in cui scrive che un prigioniero aveva con sé un cane per proteggersi dai ratti.

Purtroppo però i ratti uccisero in poco tempo il cane e sfigurarono orribilmente il prigioniero. 

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2 Commenti

  1. Esistevano davvero queste torture, non è una favola, ce ne sono state altre ancora peggiori, questa è la dimostrazione che la chiesa non è altro che colpevole di atroci brutalità, la santa inquisizione apparteneva al papato di quell’epoca

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