Quello di cui vi parlerò oggi non è, purtroppo, la trama di un film né una leggenda metropolitana, ma un fatto realmente accaduto nel penitenziario del New Mexico il 2 e 3 febbraio del 1980. Durante questi due giorni ben 33 persone furono uccise e 200 ferite.
La storia
Questo episodio rientra nelle classiche tragedie annunciate, infatti la prigione era sovrappopolata (1136 detenuti quando la capacità massima era di 900), le guardie decisamente poche per il numero di prigionieri e le attività di integrazione e di ricreazione per i detenuti erano state sospese.
I prigionieri avevano portato più volte questi problemi all’attenzione dei secondini, oltre a quelli delle scarse condizioni igieniche e del cibo pessimo, ma le lore richieste non erano mai state ascoltate.
Inoltre, la prigione aveva favorito negli ultimi anni un sistema di spie, per cui alcuni detenuti che informavano le guardie erano stati spostati in un’area speciale per arginare i sempre più crescenti episodi di violenza.
L’inizio della sommossa
Nelle prime ore di sabato 2 febbraio 1980, un secondino sorprese due detenuti mentre bevevano dell’alcool fatto chissà come nella prigione.
I due erano già ubriachi e, approfittando dello scarso addestramento del personale della prigione, non ci volle molto affinché sopraffacessero il secondino. Nel giro di pochi minuti altri 4 delle 15 guardie in servizio vennero prese in ostaggio.
Con 5 guardie, anche se non ben addestrate, la sommossa avrebbe potuto essere facilmente sedata, ma una di loro scappò lasciandosi dietro un mazzo di chiavi, prontamente preso dai detenuti.
Grazie a queste chiavi i carcerati non solo presero in ostaggio le altre guardie, ma entrarono nel centro di controllo liberando anche i loro compagni.
La violenza inizia
Nel primo pomeriggio la situazione era già degenerata: varie gang rivali si stavano affrontando, si erano verificati i primi omicidi e uno dei criminali più pericolosi decise di andare nell’area 4, l’area speciale usata non solo per gli informatori ma anche per i carcerati che avevano più bisogno di protezione come quelli affetti da malattie mentali, per cercare vendetta.
Le celle di quest’area avevano un sistema di apertura speciale e quindi non si aprivano né con le normali chiavi né tramite il centro di controllo.
Il caso volle però che proprio in quei giorni ci fossero dei lavori in corso in quell’area e i detenuti trovarono delle fiamme ossidriche con le quali cominciarono a tagliare le sbarre delle celle.
A questo punto la notizia della sommossa era già di dominio pubblico e molti prigionieri dell’area 4 supplicarono la Guardia Nazionale, presente fuori dal perimetro del penitenziario, di aiutarli ad uscire ma i poliziotti si accordarono con i detenuti che avevano in ostaggio le guardie: se non li avessero uccisi, la Guardia Nazionale non sarebbe intervenuta.
I leader della sommossa cominciarono allora a provocare la Guardia Nazionale, con la quale comunicavano con le radio dei secondini, dicendo loro quello che avrebbero fatto ai prigionieri dell’area 4, ma nonostante questo nessuno intervenne.
Torture e omicidi
Dopo qualche ora di lavoro con la fiamma ossidrica i rivoltosi riuscirono ad aprire le celle dei prigionieri protetti e cominciarono a torturarli e ucciderli.
Alcuni testimoni oculari descrissero in un’intervista ciò che videro: alcuni prigionieri vennero impiccati; uno venne sgozzato, impiccato e i suoi genitali gli vennero tagliati e messi in bocca;
un prigioniero venne decapitato a colpi d’accetta e i segni sono ancora visibili sul pavimento;
alcuni vennero bruciati vivi e la sagoma di uno di loro è ancora visibile sul pavimento nonostante i vari tentativi di coprirla;
un altro detenuto, infine, venne tenuto fermo mentre gli veniva passata la fiamma ossidrica sulla faccia. Dopodiché la fiamma venne diretta sugli occhi e la sua testa esplose.
Per quanto riguarda le guardie, alcune vennero protette da alcuni detenuti mentre altre vennero selvaggiamente picchiate, torturate e violentate.
Negoziazioni
Le negoziazioni cominciarono durante le prime 24 ore e non immediatamente. Questo perchè né la Guardia Nazionale né i detenuti avevano un portavoce.
Le richieste dei prigionieri erano quelle di avere cibo migliore, migliori condizioni igieniche, risolvere il problema del sovraffollamento e della conseguente violenza e di re implementare i programmi educativi e ricreativi.
Il giorno dopo, domenica, nessuna delle condizioni era stata accettata. Alcuni detenuti a questo punto non vollero più far parte della sommossa e fuggirono nel cortile del penitenziario, dove la Guardia Nazionale si stava assembrando. All’inizio erano 18, ma ben presto molti altri si aggiunsero impauriti dal caos che regnava nel penitenziario.
Fine della sommossa
36 ore dopo l’inizio della sommossa la Guardia Nazionale, armata fino ai denti, entrò nel penitenziario trovando 33 morti e circa 200 feriti.
Dopo che i rivoltosi si furono arresi ci vollero giorni per ristabilire l’ordine. Quasi nessuno dei carcerati venne processato e molti vennero semplicemente trasferiti in altre prigioni.
Questo mise fine a una delle più grandi e peggiori sommosse nella storia degli Stati Uniti.