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Lidia Naccarato ed il Gruppo di Preghiera del Rosario: “Acidismo” in nome di Dio

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Il mondo delle sette, nell’immaginario collettivo, affascina e spaventa allo stesso tempo. Un territorio vasto, sfaccettato, complesso, multiforme, di difficile decifrazione, in cui agiscono ed operano organizzazioni e congregazioni più o meno capillari, trasparenti o sotterranee. Certamente, le numerose sette sono accomunate da una peculiarità: predicano e seguono dottrine e “credi” assai più radicali rispetto ai culti “madre” dai quali, spesso, traggono ispirazione e origine. Sette di matrice cristiana o satanista, soprattutto. Culti antitetici, si direbbe. Eppure, queste due facce della stessa medaglia possono entrare in contatto, dando vita ad una commistione rituale ancor più distorta ed “oscura”. Il caso che andremo a raccontare incarna al meglio la suddetta mescolanza. Stiamo parlando del Gruppo di Preghiera del Rosario e della sua carismatica guida, Lidia Naccarato.

Antonio e Lidia Naccarato: nasce la setta

Torino, 1973. Antonio Naccarato fonda la setta denominata Gruppo di Preghiera del Rosario. A fianco del carismatico capo, vi è la nipote, Lidia Naccarato, all’epoca ventunenne. Antonio Naccarato è originario di San Pietro in Amantea, paese calabrese in provincia di Cosenza che oggi conta circa 500 abitanti. Lavora in Sud America, in Francia, quindi si reca a Torino per unirsi nuovamente a tutta la famiglia, emigrata dalla Calabria verso il capoluogo piemontese in cerca di fortuna. Lavora come venditore ambulante di scarpe.

Un clan famigliare, dunque, di umili origini, chiuso, auto-ghettizzante ed auto-ghettizzato. Come spesso riscontrabile all’interno di questi nuclei familiari provenienti dalla più dimenticata e rurale provincia, la famiglia Naccarato vive una religiosità tanto radicale quanto distorta: Antonio è descritto come un santone, un guaritore, un uomo in grado di compiere miracoli e prodigi nel nome di Dio.

Lidia Naccarato, natia di Amantea (città che si affaccia sulla costa tirrenica della Calabria), si erge subito a guida spirituale della setta. Anche lei, come lo zio Antonio, vive la precarietà di una condizione sociale umile e drammaticamente provinciale. Vive ad Amantea sino all’età di 12 anni, quindi si trasferisce a Torino assieme alla madre, alla sorella e ai due fratelli. Qui, li attende una integrazione tutt’altro che facile e, probabilmente, mai realmente cercata e voluta: passare dal profondo e depresso Sud – isolati e privi di qualsiasi comodità – al profondo e ricco Nord ha il sapore di un trauma. Un avvenimento che salda ancor di più il clan Naccarato.

Nel 1972, quando Lidia ha 20 anni, si registra l’evento che cambia per sempre le sorti della famiglia Naccarato. Lidia, mentre sta scrivendo ad una cugina in America, vede apparire sul foglio di carta una foglia ed una scritta a caratteri d’oro. Il testo recita: Trovando questa foglia potete salvare l’Universo. Avere vita eterna e dare vita eterna”. Al centro della foglia, il nome della ragazza. Il clan familiare, ad iniziare dallo zio Antonio, è convinto si tratti di una profezia, di un segno divino.  Lidia è il tramite tra Dio, la Madonna e l’Umanità, braccio terrestre di una profezia apocalittica: “preparare il nuovo avvento del Cristo in Terra per combattere il Male e Satana”.

La setta

Lidia Naccarato

La setta Gruppo di Preghiera del Rosario prende forma e vita all’indomani delle continue visioni di Lidia, la cui missione le è stata rivelata direttamente dalla Madonna. Al centro della dottrina della congrega vi è l’eterna lotta tra il Bene e il Male: porre rimedio agli effetti del Peccato Originale e preparare il terreno al ritorno del Messia sono gli obiettivi attorno ai quali ruota l’attività di preghiera del gruppo. Questi compiti vengono affidati a 246 coppie, guidate dalla coppia incarnante la guida spirituale dell’intera comunità: Antonio e Lidia Naccarato.

Il Gruppo di Preghiera del Rosario si amplia di anno in anno, coinvolgendo fedeli e famiglie in qualche modo legate al clan Naccarato; alla fine degli Anni ’80 – periodo di massima espansione del gruppo stesso – arriva a contare circa un migliaio di adepti, distribuiti tra le città di Torino, San Pietro in Amantea e Pagani (Salerno). La matrice, come si evince, è profondamente cristiana; la setta trae ispirazione, naturalmente, dalle Sacre Scritture fondanti la Chiesa Cattolica, dalla Bibbia, dai Vangeli, ma anche da altri testi, quale, ad esempio, “Il Poema dell’Uomo Dio” di Maria Valtorta, una mistica originaria di Caserta, morta a Viareggio il 12 ottobre del 1961. Un’opera, questa, condannata dal Sant’Uffizio (iscritta nell’Indice dei libri proibiti nel 1959), successivamente – e in epoche più recenti – pubblicata col nuovo titolo “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.

La morte di Antonio Naccarato: la profezia

Nel 1983, Antonio Naccarato muore. Il gruppo legge questo episodio luttuoso come un ulteriore segno divino. Una sorta di sacrificio necessario nella guerra contro il Male. È in questa fase che Lidia inizia a ricevere i messaggi relativi ad un bizzarro, presunto volere divino il quale, nell’arco di pochi anni, si concretizzerà e sfocerà in una delirante profezia. A dettare i messaggi dall’aldilà è lo zio Antonio. Questi, infatti, rivela alla nipote Lidia la data della fine del mondo: 24 maggio 1988. In questo stesso giorno, Antonio Naccarato sarebbe resuscitato assieme a Gesù Cristo. Una profezia apocalittica, una riscrittura, una rielaborazione assai volgare dell’Apocalisse, testo, peraltro, i cui contenuti vengono quotidianamente distorti e mal interpretati. Il centro della vicenda e del suo tragico epilogo diventa nuovamente la Calabria.

La morte di Antonio Naccarato costituisce un autentico spartiacque. Il gruppo, infatti, si isola ulteriormente: gli appartenenti alla setta non vanno più in chiesa a pregare, iniziano ad indossare – in segno di lutto – abiti neri, al collo un rosario. Un legame – da Torino a San Pietro in Amantea – che, a partire dalla scomparsa di Antonio Naccarato, si rinsalda e si fortifica di anno in anno, di giorno in giorno: la setta vive per la profezia e in attesa del compimento della stessa.

Agli inizi del 1988, la setta mette in atto una profonda riorganizzazione, stabilendo nuove gerarchie. I devoti, ora, sono – per così dire – classificati in base ad età e sesso. Ci sono gli “Apostoli della vita”, i “Consacrati”, le “Ancelle”, infine le “Verginelle”, ossia i più giovani, gli adolescenti. Tutti, naturalmente, raccolti attorno alla figura di Lidia Naccarato, ormai la leader incontrastata della setta Gruppo di Preghiera del Rosario. Sede operativa e di ritrovo del gruppo è una cascina in località Moschicella, una contrada di San Pietro in Amantea. Tra rituali, preghiere e profezie, si giunge al maggio del 1988.

L’omicidio di Pietro Latella, l’incarnazione di Satana

Il 17 maggio 1988, Lidia riceve un nuovo messaggio dal defunto zio Antonio. Le parole non lasciano spazio a vaghe interpretazioni: Antonio annuncia la propria resurrezione per il giorno successivo – 18 maggio – ed ordina alla nipote di indire una giornata di preghiera in attesa del lieto evento. Lidia obbedisce: i membri della setta iniziano a pregare, dal mattino alla sera. Ma il 18 maggio 1988 tutto tace: nessun evento apocalittico, nessuna resurrezione. Lo zio Antonio non appare. La colpa è di Lidia: non si era levata il lutto, né sciolto i capelli, legati sin dal giorno della morte dello zio. Il rituale, allora, deve iniziare nuovamente daccapo. Viene, pertanto, indicato un nuovo giorno: l’8 giugno 1988. Ma Lidia, a questo punto, riceve un nuovo, inatteso messaggio dallo zio Antonio; egli avverte la nipote della presenza del Male, incarnato in una persona – facente parte della setta – che tenterà di rapire o uccidere Lidia stessa. I membri della setta, quindi, radunano un gran quantitativo di armi, inteso alla difesa della setta stessa e, in particolare, della guida suprema, Lidia.

La data dell’8 giugno, tuttavia, viene presto ritrattata. Lidia riceve, infatti, un altro messaggio da parte dello zio Antonio, il quale indica il 24 maggio: in questo giorno, secondo la profezia, ci sarà la fine del mondo e la contemporanea resurrezione di Antonio Naccarato, di Gesù Cristo e l’apparizione della Madonna. Lidia toglie il lutto, imitata da tutti i membri del Gruppo di Preghiera del Rosario. Non più abiti neri, ma chiari o dai colori vivaci. Tutto è pronto per accogliere Antonio e sconfiggere il Male. Sopra un tavolo, un quadro raffigurante la Madonna ed una foto di Antonio Naccarato. A questo punto, però, la già vaneggiante vicenda degenera e si tinge di rosso. Rosso sangue.

La già delirante – ma innocua – messa in scena di Lidia Naccarato e dei suoi adepti si tramuta, infatti, in un episodio di cronaca nera dalle tinte alquanto fosche. Attorno alle ore 21:00 del 24 maggio 1988, Lidia riceve un ulteriore messaggio da Antonio; il defunto, infatti, indica in Pietro Latella quella minaccia preannunciata nei messaggi precedenti. Pietro Latella è un commerciante, residente a Torino ma nato in Francia da genitori calabresi. È, all’interno della gerarchia della setta, un “Consacrato”. Ha 27 anni.

Lidia chiama suo fratello, Salvatore Naccarato, e gli ordina di adunare tutti i “Consacrati” all’interno di una stanza, eccetto Pietro Latella. Questi, sentitosi minacciato e ormai abbandonato dal gruppo, decide di far ritorno a Torino. Quando si trova già alla guida della propria automobile, viene inseguito da altri “Consacrati”: colpi d’arma da fuoco agli pneumatici fanno sì che Pietro Latella perda il controllo della vettura e rovini in una scarpata. Riporta fratture multiple ma è ancora vivo. Estratto dall’auto, viene condotto nuovamente alla cascina in contrada Moschicella. Il rituale si fa sempre più macabro, esoterico e violento. La commistione di cristianesimo, esoterismo, occultismo e satanismo si compie e si consuma in una sperduta fattoria del profondo Sud Italia.

Latella viene incaprettato, legato ad una sedia posta all’interno di un cerchio rosso dipinto in terra. Quindi, viene sacrificato un gatto, proprio davanti al “traditore”. Su tutte le porte della cascina campeggia un cerchio con nove croci al suo interno. Mentre gli altri continuano a pregare in cerchio, il rituale giunge al proprio epilogo. Pietro Latella è riconosciuto come Giuda, l’apostolo che tradì Gesù. Ma non è sufficiente averlo immobilizzato. Un nuovo intervento di Antonio suggerisce a Lidia di uccidere Pietro Latella. Un autentico sacrificio umano affinché si compia la profezia. Pietro Latella, ormai, è l’incarnazione del Demonio, di Satana. È Satana. Lidia incarica Santo Sicoli ed il già citato Salvatore Naccarato di uccidere Pietro Latella. Dodici colpi di arma da fuoco, tanti quanto il numero degli Apostoli.

Tra allucinazioni di gruppo, rituali, preghiere, canti, balli, stati di trance, sesso omosessuale (alle donne sono imposte pratiche omosessuali) e sangue, viene saldata la porta della stanza all’interno della quale giace, ormai morente, il corpo di Pietro Latella. Scopo dell’operazione, impedire che il Demonio possa uscire e prender possesso di un altro corpo. Lidia è sdraiata, in apparente stato di trance, vestita di bianco. In mano stringe un rosario. La setta attende l’alba del 25 maggio. Durante la notte, frattanto, alcuni adepti affermano di leggere in cielo la scritta “Viva Maria”, a testimoniare l’imminente resurrezione di Antonio. Iniziano a sparare colpi in aria, uno dei quali ferisce di striscio Lorenzo Tomasicchio. Al rito è presente anche sua moglie.

La scoperta

Le armi recuperate in una masseria dove si riuniva
la setta di Lidia Naccarato (foto Del Canale. Fonte: stpauls.it)

La profezia non si avvera. O meglio, secondo la setta, tarda a realizzarsi. Intanto, Lorenzo Tomasicchio viene accompagnato all’ospedale di Cosenza. Ha una ferita al volto. Le sue versioni dei fatti, però, non convincono i soccorritori. I Carabinieri si recano alla masseria. Lo spettacolo è disarmante, spiazzante: il rituale, in attesa del compimento della profezia, è ancora in atto. Persone ormai stanche, in preghiera da giorni, senza dormire né mangiare. Eppure, questi adepti hanno ancora la forza di continuare a pregare, cantando e danzando attorno ad un improvvisato altare, tenendosi per mano, in attesa della venuta del Signore e di Antonio Naccarato. L’attenzione dei Carabinieri, ad ogni modo, viene immediatamente catturata dalla porta saldata. Aperta, i militari si imbattono in Pietro Latella, ormai cadavere: è morto dissanguato a seguito delle numerose ferite d’arma da fuoco. Oltre al cadavere di Pietro Latella, i Carabinieri trovano denaro (le cronache dell’epoca parlano di circa 1 miliardo di Lire tra contanti, depositi bancari e assegni circolari), armi (fucili e pistole) e foto di Marco Fiora, bambino di 7 anni rapito nel 1987 a Torino e tenuto prigioniero per ben 17 mesi (520 giorni). È il periodo dell’Anonima sequestri, dei reiterati rapimenti in Aspromonte. Si pensa, infatti, ad un coinvolgimento della setta nel rapimento del giovane, pista investigativa rivelatasi infondata e, infine, abbandonata.

Armi e denaro in quantità testimoniano, evidentemente, i loschi traffici nei quali sono invischiati gli appartenenti alla setta.

L’epilogo

I Carabinieri passano all’arresto dei membri della setta presenti al rito e di Lidia Naccarato, alla quale, già nel febbraio 1989, verranno concessi gli arresti domiciliari. Tra agli arrestati, persone appartenenti alla famiglia Naccarato e Sicoli; tra essi vi è Rosa Sicoli, 33 anni, impiegata presso il Comune di San Pietro in Amantea. Ada Naccarato, figlia di Antonio Naccarato, non viene arrestata; benché presente al rituale, ella deve prendersi cura dei figli malati e dei tanti nipoti, le cui famiglie sono tenute agli arresti.

Un anno dopo, nel maggio 1989, i Carabinieri sono costretti ad effettuare una nuova girandola di arresti. Lidia Naccarato ed alcuni appartenenti al gruppo, infatti, violano i domiciliari: vengono “pizzicati” nuovamente dai Carabinieri a pregare nella ormai nota cascina in contrada Moschicella. Tra i 12 adepti arrestati, vi sono Franco Mele e Gaetano Donzellini, provenienti da Torino ed anch’essi evasi dai domiciliari. A Lidia Naccarato, invece, viene contestato solo di aver infranto gli obblighi derivanti dagli arresti domiciliari: la donna, infatti, abita nella masseria.

La guida, parimenti a tutti gli adepti della setta Gruppo di Preghiera del Rosario, non prova né manifesta rimorsi di alcun genere. I membri, dal canto loro, seguono ciecamente il verbo della guida spirituale, Lidia, mai messa in discussione dai devoti. Quest’ultima giustifica l’omicidio di Pietro Latella citando i versi del profeta Daniele (9, 26-27):

26 Dopo sessantadue settimane,
un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui;
il popolo di un principe che verrà
distruggerà la città e il santuario;
la sua fine sarà un’inondazione e, fino alla fine,
guerra e desolazioni decretate.

27 Egli stringerà una forte alleanza con molti
per una settimana e, nello spazio di metà settimana,
farà cessare il sacrificio e l’offerta;
sull’ala del tempio porrà l’abominio della
desolazione
e ciò sarà sino alla fine,
fino al termine segnato sul devastatore.

Lidia non sa perché Pietro Latella incarnasse Satana; come afferma, si è trattato di pochi secondi, brevi e concitati istanti durante i quali stabilisce senza appello che Pietro Latella è il Male, il Demonio, Satana in persona.

Lidia Naccarato è la figura portante di questa vicenda di cronaca nera. Una vicenda dimenticata ma che, ancora oggi, rappresenta una pietra militare della criminologia italiana. Ed il perché è presto detto. La inedita commistione di Cristianesimo, esoterismo e punte di Satanismo ha reso e rende questo fatto di cronaca unico, inquietante ed affascinante al tempo stesso. Profezie para-cristiane, rituali di magia nera, pratiche esoteriche, sacrifici animali ed umani, simboli para-esoterici e para-cristiani, figure tipiche della religione cristiana-cattolica – la Madonna, Gesù, Satana – si mescolano sino a realizzare un humus dottrinale dagli esiti imprevedibili e fatali. Di fatto, Lidia Naccarato – in misura maggiore rispetto allo zio Antonio – plasma a propria immagine e somiglianza una religione, un credo, una dottrina iperbolica e apocalittica, capace di far breccia in individui facilmente manipolabili, dallo scarso livello culturale, figli di un territorio e di un sostrato sociale in cui la religione – tanto presente quanto intensamente vissuta – è, tuttavia, sinonimo di superstizione, quotidiano rifugio intriso di credenze.

Reiterate, approfondite perizie psichiatriche ed indagini mirate hanno cercato di addentrarsi tra le pieghe più recondite dell’individuo Lidia Naccarato. Ne emerge un profilo psicologico di non facile lettura, oscillante tra due ipotesi di diagnosi: psicosi delirante o perverso-psicopatico/disarmonia evolutiva con tratti isterici e problematiche sessuali (da qui, ad esempio, l’imposizione della pratica omosessuale, accettata dai devoti senza opposizione alcuna in quanto espressione necessaria e funzionale al bene del gruppo stesso). In ogni caso, siamo in presenza di una donna fortemente manipolatrice, accentratrice, costantemente bisognosa di approvazione e attenzione e, al contempo, chiusa in se stessa, distante dalla società. Da qui, la necessità di realizzare una sorta di comunità alternativa, parallela, sempre più plasmata a propria immagine e somiglianza, rappresentata, appunto, dalla setta Gruppo di Preghiera del Rosario.

Lidia Naccarato trasforma un già farneticante gruppo di preghiera fondato sulla religione cristiana-cattolica – ulteriormente elaborata, interpretata, reinventata – in una setta che presenta tutti i connotati e le caratterizzazioni formali ed esteriori tipici del Satanismo Tradizionalista e del cosiddetto “satanismo acido” (o Acidismo), più volte al centro delle cronache nere e rigettato con forza da coloro i quali abbracciano autentiche correnti sataniste e luciferiane. L’omicidio rituale, su tutti, si palesa quale punto di contatto principale tra il Gruppo di Preghiera del Rosario e l’Acidismo: i “satanisti” acidi hanno ucciso ed uccidono in nome di Satana in opposizione al Dio cristiano, Lidia Naccarato ed i suoi adepti hanno ucciso nel nome di Dio in opposizione a Satana. “Culti” antitetici solo formalmente, ma speculari nella sostanza e nell’atto finale. Evidentemente, un sacrificio umano sinonimo di mero atto criminale.

Da quel maggio 1988, il Gruppo di Preghiera del Rosario vive una condizione di stasi: ufficialmente ancora in vita, ma dalla scarsa – o forse ancor più sommersa – attività. Un gruppo, nei fatti, emblematico esempio di “Cristianesimo acido”.

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