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Jack lo Squartatore, cronaca di un enigma

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Jack lo Squartatore è il serial killer per antonomasia. Il suo fascino maligno trascende le epoche, i decenni, i secoli, giungendo intatto ed enigmatico sino ai giorni nostri. Stiamo parlando di Jack lo Squartatore (in inglese, Jack the Ripper), serial killer che, tra il 31 agosto del 1888 ed il 9 novembre del medesimo anno, è autore di almeno cinque delitti. Teatro degli omicidi, Whitechapel, malfamato e degradato quartiere di Londra passato alle cronache e alla storia proprio a seguito delle vicende legate a Jack lo Squartatore. Ancora oggi, come vedremo, gli omicidi attribuiti a Jack lo Squartatore costituiscono un autentico rompicapo criminologico per appassionati e studiosi di tutto il mondo: possiamo dire, a ragione, che ci troviamo di fronte al più celebre “cold case” della storia contemporanea.

La sua indefinita identità aggiunge mistero al mistero. Studiosi, storici, criminologi, profiler, giornalisti investigativi, scienziati e semplici appassionati cavalcano ed alimentano tale mistero. Le teorie e le ipotesi – più o meno attendibili, molte delle quali apparecchiate solo a scopo sensazionalistico – si susseguono e si accavallano le une sulle altre. Non potrebbe essere diversamente: stiamo parlando, infatti, di un caso di cronaca che va al di là della semplice cronaca nera. È il “Santo Graal” della criminologia, delle scienze forensi. Addentrarsi nelle pieghe più profonde del personaggio Jack lo Squartatore rappresenta, indubbiamente, un vanto, un successo che fa gola a molti.

Le vittime accertate          

Cinque vittime accertate, dunque. Tuttavia, storici e criminologi ritengono che Jack lo Squartatore abbia ucciso altre volte, forse sedici. Per capire Jack lo Squartatore, occorre contestualizzare il quadro storico entro cui opera e cogliere, almeno nei tratti generali e salienti, l’essenza del teatro all’interno del quale agisce e si muove il serial killer: Whitechapel. Siamo in tarda epoca vittoriana; la regina Alexandrina Victoria – ultima sovrana della Casa Reale degli Hannover – regna con fermezza, sul trono del Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda, dal 20 giugno 1837 (la data dell’incoronazione è il 22 giugno 1838) al 22 gennaio 1901, giorno della sua morte. Il quartiere di Whitechapel sorge nella cosiddetta East End di Londra. In epoca vittoriana, Whitechapel è già da molti anni sede delle – allora considerate – più malfamate e reiette attività lavorative: mattatoi, concerie, fonderie. Un quartiere popolare brutto e squallido, fatto da contadini, operai, immigrati impiegati nelle piccole industrie e botteghe qui operative, brulicante di mendicanti e prostitute.

Le prostitute

Già, le prostitute. Ed ecco che Jack lo Squartatore, nella messa in atto del proprio diabolico piano omicida, trova nel degradato quartiere di Whitechapel il palcoscenico ideale entro il quale poter sfogare i propri bisogni omicidi. Un quartiere che possiede una vita propria, in cui omertà, criminalità e quotidiano degrado convivono abitualmente. Un cacciatore di prostitute, si direbbe. Le cinque vittime accertate ed attribuite a Jack lo Squartatore, infatti, sono altrettante prostitute. Il modus operandi di “the Ripper” è passato alla storia: egli sgozza le sue vittime, quindi infierisce sui corpi ormai senza vita mutilandoli.

Mary Ann “Polly” Nichols Walker (43 anni, madre di cinque figli avuti dal marito William Nichols, corpo ritrovato il 31 agosto 1888), Annie Chapman (46 anni, nata Eliza Ann Smith, cadavere scoperto l’8 settembre 1888), Elizabeth Stride (data del ritrovamento: 30 settembre 1888), Catherine Eddowes (anch’essa ritrovata il 30 settembre), Mary Jane Kelly (corpo ritrovato il 9 novembre 1888) sono i nomi delle cinque donne certamente assassinate da Jack lo Squartatore. Tutte queste vittime sono accumunate dal lavoro, la prostituzione, e, appunto, dal modus operandi con cui vengono brutalmente uccise.

Mary Ann Nichols – il cui corpo verrà ritrovato presso un mattatoio di Buck’s Row – presenta la gola tagliata quasi sino alla decapitazione, gli intestini fuoriusciti e tagli ai genitali.

Annie Chapman – sposata con John Chapman, madre di tre figli, ritrovata presso il numero 29 di Hanbury Street – mostra la inconfondibile “firma” di Jack lo Squartatore: gola tagliata e quasi interamente recisa, ventre squarciato, intestini appoggiati sulla spalla destra, asportazione di vagina, utero e vescica.

Elizabeth Stride – il cui corpo è ritrovato da un cocchiere nella allora Berner’s Street – presenta il tipico, profondo taglio alla gola ma è priva di mutilazioni. Probabilmente, il sopraggiungere del cocchiere sul luogo del delitto fa sì che “the Ripper” non possa portare a termine il rituale.

Questo imprevisto, verosimilmente, è causa della uccisione – per così dire, “non programmata” – di Catherine Eddowes, trovata cadavere in Mitre Square. Il rituale ai danni del corpo della Stride, infatti, non era stato ultimato: occorre un’altra vittima. La ferocia e la frustrazione di Jack lo Squartatore ai danni della Eddowes si percepiscono in tutta la loro forza: corpo (parimenti alle altre vittime) in posizione supina, gola, come sempre, tagliata quasi sino alla decapitazione, il volto sfigurato da tagli e mutilazioni. Naso e lobo dell’orecchio sinistro sono recisi, sorte che spetta anche alla palpebra dell’occhio destro. Le gengive sono scoperte tanto le labbra sono compromesse da profondi tagli. Il corpo è solcato da un unico squarcio che va dalla gola sino ai genitali. Parimenti ad Annie Chapman, anche Catherine Eddowes presenta gli intestini appoggiati sulla spalla destra. Il fegato palesa dei tagli, rene sinistro e genitali asportati.

Ma è con Mary Jane Kelly che Jack the Ripper raggiunge l’apice della propria lucida follia omicida. La donna dai capelli biondo-rossi viene trovata cadavere nel proprio letto; la donna alloggia in un piccolo appartamento in affitto, al numero 13 di Miller’s Court, presso Dorset Street. Il cadavere verrà scoperto dall’assistente del padrone di casa, venuto a riscuotere settimane di affitti arretrati. La gola presenta il proverbiale, profondo taglio prossimo alla decapitazione, il volto è pesantemente mutilato, addome e ventre – mutilati – aperti ma ormai privati di molti organi, molti dei quali sparpagliati nei pressi del corpo e in casa. Il fegato viene collocato da Jack lo Squartatore tra le gambe di Mary Jane Kelly, l’intestino tra le mani. Il cuore non viene trovato sulla scena del crimine, fatto che ha dato vita a due ipotesi: la prima vede il cuore di Mary Jane Kelly semplicemente bruciato nel caminetto, la seconda, ben più inquietante, vorrebbe il cuore cotto e mangiato da Jack lo Squartatore stesso. Tuttavia, Colin e Damon Wilson ne “Il grande libro dei misteri irrisolti”, affermano che il cuore della donna poggi sul cuscino, vicino alla testa.

Sette “indecifrabili” vittime

Almeno sette le altre, possibili vittime attribuibili a Jack lo Squartatore. Invero, attorno a questi fatti di sangue non vi è alcuna certezza fattuale,  investigativa e criminologica. Esperti e studiosi non sono mai riusciti a svelare, in modo netto ed inconfutabile, il nesso tra i suddetti sette omicidi e il serial killer di Whitechapel. Spesso, infatti, si tratta di crimini che presentano confuse e sbiadite somiglianze con il noto ed inconfondibile modus operandi di Jack lo Squartatore. In solo due casi – quelli, cioè, relativi agli omicidi di Martha Tabram e Frances Coles – i pareri sembrano convergere, ad indicare e conferire una attribuzione (ancora timida ma senza dubbio verosimile) di entrambe le vittime a Jack lo Squartatore.

Ecco, quindi, una sintetica carta di identità delle sette vittime in questione: due donne senza identità assassinate (o meglio, ritrovate) rispettivamente il 26 dicembre 1887 ed il 10 settembre 1889, Emma Elizabeth Smith (prostituta di 45 anni, aggredita da tre uomini il 3 aprile 1888, ferita al perineo e morta, in seguito, di peritonite), Martha Tabram (prostituta di 39 anni ritrovata cadavere il 6 agosto 1888, presenta tagli nella parte bassa del corpo inferti da due armi differenti), Rose Mylett (20 dicembre 1888, presenta segni di 39 coltellate), Alice McKenzie (40 anni, prostituta, ritrovata cadavere il 17 luglio 1889; la donna presenta due tagli, o forse pugnalate, alla gola e mutilazioni addominali, di entità minori rispetto ai canoni di “the Ripper”), Frances Coles (prostituta di 26 anni, ritrovata ancora in vita il 26 febbraio del 1891 da un agente di ronda presso Chamber Street; la donna muore poco dopo. La Coles presenta tre ferite alla gola – di cui due da sinistra verso destra –, ed una ferita nella parte posteriore del cranio).

Marta Tabram e Frances Coles, dunque, sono indicate quali possibili, verosimili vittime di Jack the Ripper. Ecco perché è possibile trovare queste due donne, nella mole di documentazione reperibile attorno agli omicidi di Whitechapel, nell’elenco delle vittime ufficiali attribuite a Jack lo Squartatore. Si pensa, relativamente al caso di Frances Coles, che l’agente – udito dei rumori sospetti ed intravisto un uomo allontanarsi velocemente dal luogo del ritrovamento della donna, da Swallows Gardens in direzione di Mansell Street – abbia spaventato involontariamente lo Squartatore, intento a compiere il rituale di morte sul corpo della giovane malcapitata. Una circostanza già sperimentata nel caso dell’omicidio di Elizabeth Stride, quando, cioè, il serial killer viene suo malgrado messo in fuga dal passaggio del cocchiere.

Le lettere

Jack lo Squartatore rappresenta, a tutt’oggi, il prototipo del serial killer: un modus operandi inconfondibile, un macabro rituale a caratterizzare in modo sistematico ed unico le proprie “gesta”, sfuggente, inafferrabile, dalle mille identità ipotizzate ed ipotizzabili, nessuna delle quali realmente e concretamente confermata. Le lettere, in tal senso, accrescono l’alone di mitologia che grava attorno alla figura di Jack the Ripper. Nel corso delle vicende di sangue legate al serial killer di Whitechapel, investigatori e giornali ricevono migliaia di lettere: mitomani che si spacciano per l’assassino, testimonianze più o meno utili affinché si possa tracciare un profilo e seguire precise piste investigative. Una moltitudine di missive le quali, tuttavia, si rivelano quasi sempre di scarsa o nulla rilevanza. Tre lettere, tuttavia, catturano l’attenzione degli investigatori. Lettere che, ancora oggi, sono oggetto di approfonditi studi e al centro dell’intricato dibattito attorno a Jack lo Squartatore. Attraverso queste lettere, Jack lo Squartatore sfida la polizia, Scotland Yard, la stampa: forte della propria evanescente ed inafferrabile posizione e delle proprie “imprese” che stanno seminando il panico e tenendo inchiodati gli investigatori, il serial killer quasi irride coloro i quali gli danno la caccia.

La prima lettera degna di attenzione è datata 25 settembre 1888: è stata ribattezzata col nome di “Dear Boss Letter”. La missiva è inviata alla Central News Agency, la quale la riceve in data 27 settembre. La agenzia di stampa, infine, inoltra il documento a Scotland Yard.

Ecco il testo integrale:

25 Sept. 1888.
Dear Boss,
I keep on hearing the police have caught me but they wont fix me just yet. I have laughed when they look so clever and talk about being on the right track. That joke about Leather Apron gave me real fits. I am down on whores and I shant quit ripping them till I do get buckled. Grand work the last job was. I gave the lady no time to squeal. How can they catch me now. I love my work and want to start again. You will soon hear of me with my funny little games. I saved some of the proper red stuff in a ginger beer bottle over the last job to write with but it went thick like glue and I cant use it. Red ink is fit enough I hope ha. ha. The next job I do I shall clip the ladys ears off and send to the police officers just for jolly wouldn’t you. Keep this letter back till I do a bit more work, then give it out straight. My knife’s so nice and sharp I want to get to work right away if I get a chance. Good Luck.
Yours truly
Jack the Ripper
Dont mind me giving the trade name
PS Wasnt good enough to post this before I got all the red ink off my hands curse it No luck yet. They say I’m a doctor now. ha ha
.

25 Set. 1888.
Caro Direttore,
continuo a sentir dire che la polizia mi ha catturato ma non mi fermeranno proprio ancora. Ho riso assai quando si mostrano così abili e dicono di essere sulla pista giusta. Quella barzelletta sul Grembiule di Cuoio mi ha veramente divertito. Mi sono fissato con le puttane e non smetterò di squartarle finché non sarò preso. L’ultima volta è stato proprio un magnifico lavoro. Non ho dato alla signora il tempo di strillare. Come possono prendermi ora. Amo il mio lavoro e voglio ricominciare di nuovo. Presto sentirete ancora parlare di me e dei miei divertenti giochetti. Ho conservato un po’ della genuina sostanza rossa in una bottiglia di birra dall’ultimo lavoro per scriverci ma è diventata dura come colla e non posso usarla. L’inchiostro rosso va bene lo stesso spero ah. ah. Il prossimo lavoro che faccio strapperò le orecchie della signora e le manderò ai poliziotti giusto per scherzo, non è vero. Tenete questa lettera per voi finché non avrò fatto un altro po’ di lavoro, poi fatela uscire. Il mio coltello è così bello e affilato che mi viene voglia di rimettermi al lavoro subito se ne ho la possibilità. Buona fortuna.
Sinceramente vostro
Jack lo Squartatore
Non mi dispiace darmi un nome d’arte
PS Non sono stato abbastanza bravo da spedire questa prima di sporcarmi tutte le mani di inchiostro rosso maledizione Ancora senza fortuna. Adesso dicono che sono un dottore. ah ah
.

Con “The Saucy Jack postcard” del 1 ottobre 1888, il registro della sfida cambia decisamente tono: esso si fa più intenso, tanto conciso quanto minuziosamente raccapricciante. In questa cartolina, infatti, il presunto serial killer fa riferimento alla morte di due donne, un famigerato “double event”: si tratta del duplice omicidio di Elizabeth Stride e Catherine Eddowes? Qui, infatti, the Ripper sembra descrivere la dinamica dei due omicidi appena menzionati; particolari che solo l’assassino può conoscere. Un evento ben preciso, una dinamica ben dettagliata e circostanziata, peculiarità che portano a ritenere che sia veramente Jack lo Squartatore l’autore materiale del testo di seguito riportato in forma integrale.

«I was not codding dear old Boss when I gave you the tip, you’ll hear about Saucy Jacky’s work tomorrow double event this time number one squealed a bit couldn’t finish straight off. Had not got time to get ears off for police thanks for keeping last letter back till I got to work again. – Jack the Ripper».

Non stavo scherzando caro vecchio Direttore quando vi ho dato la dritta, sentirete parlare del lavoro del dispettoso Jacky domani doppio evento questa volta numero uno ha strillato un po’ non ho potuto finire per bene. Non ho avuto il tempo di strappare le orecchie per la polizia grazie per aver tenuto l’ultima lettera per voi finché non fossi tornato al lavoro. – Jack lo Squartatore.

Nel corso e dopo gli omicidi di Whitechapel, investigatori e stampa rigettano le tesi circa l’autenticità delle lettere “Dear Boss Letter” e “The Saucy Jack postcard”. Ancora oggi, studiosi e appassionati non hanno trovato un punto di incontro comune, dividendosi in due schieramenti: colori i quali avvalorano l’autenticità delle lettere, chi, al contrario, ritiene si trattino di falsi ben concepiti.

The from hell letter” è l’ultima, inquietante missiva verosimilmente attribuibile a Jack lo Squartatore. Questa viene ricevuta, in data 16 ottobre 1888, da George Lusk, capo del comitato di vigilanza di Whitechapel.

«From hell.
Mr Lusk,
Sor
I send you half the Kidne I took from one women prasarved it for you tother piece I fried and ate it was very nise. I may send you the bloody knif that took it out if you only wate a whil longer
signed
Catch me when you can Mishter Lusk
».

Dall’inferno.
Mr Lusk,
Signore
vi mando metà del rene che ho preso da una donna l’ho conservato per voi l’altro pezzo l’ho fritto e l’ho mangiato era molto buono. Potrei mandarvi il coltello insanguinato con cui l’ho tolto se solo aspettate ancora un po’
firmato
Prendetemi se ci riuscite Signor Lusk
.

Contrariamente alle altre due lettere, questa non reca la firma di “Jack the Ripper”. Ad ogni modo, anche “The from hell letter” palesa marcate somiglianze e analogie con le altre due missive. Ad iniziare dallo stile con cui è redatta e dagli errori di ortografia: un uomo di scarsa cultura o una persona altamente istruita, a tal punto da inserire volutamente gli errori e scrivere le parole secondo la pronuncia, così da sviare gli investigatori? È uno dei tanti rebus ancora insoluti. E non è tutto. La lettera è, per così dire, corredata da una scatola contenente la metà di un rene umano, conservato sotto alcol. Si pensa si tratti del rene di Catherine Eddowes ma, anche in questo caso, i pareri sono discordi: tra chi sostiene l’autenticità del documento e della attribuzione del rene alla Eddowes e chi, invece, avvalora la pista della ennesima burla, anche il mistero che avvolge “la lettera dall’Inferno” è lungi dall’essere chiarito. Attualmente, esiste solo l’originale della “Dear Boss Letter”: dapprima trafugata dagli archivi di Scotland Yard, quindi restituita nel 1988. Delle altre due lettere, anch’esse sottratte da ignoti e mai più riapparse, esistono solo fotografie e fac-simili.

Chi è Jack lo Squartatore?

La storia di Jack lo Squartatore, come si evince, si compone di numerose sfaccettature. Una intricata sequenza di crimini decifrata solo in parte, un modus operandi rituale che lascia adito a più interpretazioni, enigmatiche lettere dalla autenticità ancora da confermare e, soprattutto, una identità ancora da svelare. Chi è Jack lo Squartatore?

Tracciare il profilo di Jack lo Squartatore è, senza dubbio, una operazione che ha tenuto e tiene ancora oggi occupato il non plus ultra degli specialisti del campo, i migliori profiler al mondo, da quelli di Scotland Yard agli omologhi dell’FBI. La profilazione criminale – attualmente alla ribalta grazie alle numerose serie TV ad essa dedicate – è un misto di scienze, arte ed intuito, strumento essenziale in mano degli investigatori affinché si possa indirizzare una qualsivoglia indagine forense nella giusta direzione. Il profilo è il risultato di più fattori, dalla scrupolosa analisi della scena del crimine nella sua globalità allo studio del modus operandi, “marchio di fabbrica” di qualsivoglia omicida seriale.

Il 25 ottobre 1888, Robert Anderson – Assistant Commissioner della Polizia Metropolitana di Londra – incarica il Dr Thomas Bond, medico chirurgo inglese, Fellowship of the Royal Colleges of Surgeons e Bachelor of Medicine, Bachelor of Surgery, di tracciare un profilo di Jack lo Squartatore. Si tratta, a tutti gli effetti, del primo caso documentato di profilazione criminale della storia. Anderson invia a Bond i documenti relativi agli omicidi Nichols, Chapman, Stride ed Eddowes. Frattanto, viene uccisa Mary Jane Kelly, la cui autopsia verrà eseguita dallo stesso Dr Bond. Quando il Dr Bond cita “Dorset Street”, si riferisce proprio alla scena del crimine di Mary Jane Kelly. Il 10 novembre 1888, Bond risponde ad Andesron, inviandogli il seguente rapporto.

«Mi pregio di riferire di aver letto i documenti relativi ai quattro omicidi di Whitechapel, vale a dire quelli di:

  1. Buck’s Row.
  2. Hanbury Street.
  3. Berner’s Street.
  4. Mitre Square.
Ho anche eseguito l’autopsia dei resti mutilati di una donna trovata ieri in una stanzetta a Dorset Street.
  1. Non vi è dubbio che tutti i cinque omicidi siano stati commessi dalla stessa mano. Nei primi quattro le gole sembrano essere state recise da sinistra a destra. Nell’ultimo caso, a motivo dell’ampia mutilazione, è impossibile essere precisi sulla direzione del taglio mortale, ma sono stati rinvenuti schizzi di sangue arterioso sul muro vicino a dove la testa della donna doveva trovarsi.
  2. Tutte le circostanze relative agli omicidi mi inducono a ritenere che le donne fossero in posizione supina quando sono state uccise e che, in tutti i casi, il primo colpo è stato inferto alla gola.
  3. Nei quattro omicidi di cui ho solo letto le testimonianze, non posso formarmi un’opinione molto precisa relativamente al tempo trascorso tra l’omicidio e la scoperta del corpo. In un caso, quello di Berner’s Street, la scoperta sembra essere avvenuta subito dopo il fatto. A Buck’s Row, Hanbury Street e Mitre Square, è probabile che siano trascorse solo tre o quattro ore. A Dorset Street, il corpo giaceva sul letto al momento del mio arrivo, alle due, ed era completamente nudo e mutilato, come ho riferito nel rapporto allegato. Il rigor mortis, già iniziato, è progredito nel corso dell’esame. A causa di ciò, è difficile riferire, con una qualche misura di certezza, il tempo preciso trascorso dalla morte, dal momento che tale periodo varia dalle 6 alle 12 ore prima dell’inizio della rigidità. Alle due, il corpo era relativamente freddo e ho rinvenuto i resti di un pasto recente nello stomaco e sugli intestini. È, pertanto, quasi sicuro che la donna doveva essere morta da circa 12 ore e il cibo parzialmente digerito indica che la morte sia avvenuta circa 3 o 4 ore dopo la sua ingestione. Di conseguenza, è probabile che l’ora dell’omicidio vada collocata tra l’una e le due del mattino.
  1. In tutti i casi, non vi sono prove di colluttazioni: le aggressioni, probabilmente, sono state così improvvise ed eseguite in modo tale che le donne non sono state in grado né di opporre resistenza né di gridare. A Dorset Street, l’angolo del lenzuolo alla destra della testa della donna appariva molto lacerato e pieno di sangue, segno che forse il volto era coperto dal lenzuolo al momento dell’aggressione.
  1. Nei primi quattro casi, l’assassino ha probabilmente portato l’aggressione dal lato destro delle vittime. A Dorset Street, è probabile che l’aggressione sia stata portata dal davanti o dalla sinistra, dal momento che non vi era spazio per colpire tra il muro e la parte del letto su cui giaceva la donna. Come già riferito, il sangue era colato sul lato destro della donna ed era schizzato sul muro.
  1. Il sangue può non essere schizzato o non aver bagnato l’assassino, ma è probabile che si sia riversato sulle mani e sulle braccia e che abbia macchiato parte dei suoi vestiti.
  1. In tutti i casi, tranne in quello di Berner’s Street, le mutilazioni erano tutte dello stesso tipo e mostravano chiaramente che, in tutti gli omicidi, l’obiettivo era la mutilazione delle vittime.
  1. In tutti i casi, le mutilazioni sono state inflitte da un individuo sprovvisto di cognizioni scientifiche o anatomiche. A mio avviso, l’assassino non possiede nemmeno le conoscenze tecniche di un beccaio, di un macellatore di cavalli o di qualcuno abituato a trinciare carne di animali morti.
  1. L’arma è probabilmente un coltello solido lungo almeno 15 centimetri e largo tre, molto affilato e appuntito. Probabilmente un coltello a serramanico, da macellaio o un ferro da chirurgo. Quasi sicuramente un coltello non curvo.
  1. L’assassino è probabilmente un uomo fisicamente forte e di grande freddezza e audacia. Niente indica che avesse un complice. A mio avviso, si tratta di un uomo soggetto a periodici attacchi di parossismo omicida ed erotico. Il tipo di mutilazioni inferte indica che il soggetto può trovarsi in una condizione sessuale definibile satiriasi. È naturalmente possibile che l’impulso omicida possa avere origine in una condizione mentale vendicativa o rimuginante, o che la malattia originaria sia una mania religiosa, ma non credo probabile nessuna di queste due ipotesi. È molto verosimile che l’assassino appaia esternamente innocuo e tranquillo, forse di mezza età e vestito in maniera ordinata e rispettabile. Ritengo che indossi abitualmente un mantello o un soprabito, altrimenti difficilmente sarebbe riuscito a non attirare l’attenzione in strada se il sangue sulle mani o sui vestiti fosse stato visibile.
  1. Dando come assunta la descrizione dell’assassino appena fornita, è probabile che egli sia un uomo solitario e di abitudini eccentriche, che non abbia una occupazione regolare ma che goda forse di un piccolo reddito o di una pensione. È possibile che viva tra persone rispettabili che hanno una certa conoscenza del suo carattere e delle sue abitudini e che possono avere motivo di sospettare che, talvolta, non è sano di mente. È probabile che tali persone non siano disposte a comunicare i propri sospetti alla polizia per timore di avere dei guai o di esporsi troppo, mentre la prospettiva di una ricompensa consentirebbe loro di superare ogni scrupolo.

Cordiali saluti

Thomas Bond»

Si accenna, dunque, ad un uomo apparentemente innocuo, ben vestito, fisicamente prestante, affetto – secondo una terminologia medica usata in passato – da satiriasi, una patologia sessuale indicante un incremento morboso dell’istinto sessuale maschile, oggi definita ipersessualità. Bond esclude che Jack lo Squartatore possa essere un chirurgo o un macellaio, parere maturato mediante l’analisi delle mutilazioni e dei tagli inferti alle vittime. Eppure, una moderna profilazione criminale dell’FBI parla di un possibile macellaio o, addirittura, di un assistente di un medico, di età compresa tra i 28 ed i 36 anni. È verosimile che un non competente in anatomia e chirurgia possa aver praticato le proverbiali mutilazioni – molto precise – inferte alle vittime? Quesiti che, ancora oggi, meritano attenzione.

È evidente: la reale identità di Jack lo Squartatore è lungi dall’essere decifrata. Non a caso, le congetture attorno all’identità del serial killer di Londra abbondano, in un turbinio incontrollato, sì stimolante ma spesso ridondante e strampalato, di nomi, profili, sospettati, studi finalizzati a svelare il reale volto dell’assassino, altisonanti scoop (o presunti tali) che si susseguono puntuali e che “finalmente-ci-svelano-la-vera-identità-di-Jack lo Squartatore”. Tante teorie, poche certezze. È proprio questo perenne e cronico brancolare nel buio ad aver alimentato ed alimentare, già a partire da quel lontano ma ancora attuale 1888, dubbi, mistero e persino satira attorno alle cronache di Jack the Ripper e all’operato della polizia londinese. Punch – pungente settimanale di satira inglese attivo tra il 1841 ed il 1992 e dal 1996 al 2002 – nei cupi giorni di quel fatidico 1888 sottolinea, in chiave ironica, l’incapacità degli investigatori nel riuscire ad identificare e fermare il serial killer delle prostitute.

I sospettati: tanti nomi, poche certezze

Sin dai primi momenti, gli investigatori capiscono che catturare l’assassino seriale è impresa ardua. Nel corso delle indagini – e negli anni immediatamente successivi agli omicidi di Whitechapel – polizia e Scotland Yard interrogano numerosi persone, tra testimoni, gente del quartiere, potenziali sospettati. Una laboriosa attività che, tuttavia, si rivelerà sterile. Nessuno, infatti, verrà mai condannato per gli omicidi di Whitechapel. All’indomani dell’omicidio di Annie Chapman, viene arrestato John Pizer (o John Piser), un polacco, artigiano presso una bottega di lavorazione del cuoio. I locali incolpano il polacco, soprannominato “leather apron”, grembiule di cuoio, ma il grembiule di cuoio trovato nei pressi della scena del crimine non appartiene a Pizer. Quest’ultimo verrà rilasciato pochi giorni dopo.

Una simile sorte, nel 1891, spetterà a James Thomas Sadler, amico di Frances Coles, vittima dubbia – ma probabile – attribuibile a Jack lo Squartatore. Sadler viene arrestato per l’omicidio della donna ma la mancanza di prove farà sì che l’uomo venga rilasciato a stretto giro.

Nel calderone dei sospettati, immancabilmente, sono finiti anche illustri personaggi, ad iniziare da Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde (meglio noto col nome di Oscar Wilde) e Charles Lutwidge Dodgson, in arte, Lewis Carroll. Quest’ultimo è additato, sulla base di alcuni anagrammi, dallo scrittore Richard Wallace quale colpevole. Piste, tuttavia, inverosimili e fantasiose.

Il “complotto reale”: suggestione o verità?

Esiste, poi, una pista alquanto suggestiva, che conduce a sua Maestà britannica. Questa pista, a tutt’oggi, è sinonimo di complotti e insabbiamenti atti a nascondere indicibili verità. È la tesi, ad esempio, abbracciata dal film “From Hell” (in italiano “La vera storia di Jack lo Squartatore”), pellicola del 2001 diretta dai fratelli Albert e Allen Hughes, ispirata alla omonima graphic novel di Alan Moore. Questa teoria, intrecciata alla Massoneria, vede come protagonista un medico massone, ossia Jack lo Squartatore, incaricato di uccidere secondo precisi rituali tutte le testimoni del matrimonio cattolico tra Alberto Vittorio Cristiano Edoardo di Sassonia-Coburgo-Gotha – membro della famiglia reale inglese, nonché nipote della regina Vittoria – ed una prostituta di Whitechapel, relazione dalla quale nasce anche una figlia. Leggenda, verità? Di certo, l’erede al trono Alberto Vittorio non è a Londra durante gli omicidi: documenti storici, infatti, attestano la sua assenza dalla capitale del Regno Unito. Quindi, senza dubbio, non è il nipote della regina Vittoria l’esecutore materiale dei crimini. Rimane un punto interrogativo. E se fosse lui il mandante degli omicidi? Ipotesi solleticante ma mai comprovata e forse mai dimostrabile. Gli storici ritengono che il cosiddetto “complotto reale” sia una bufala, una leggenda metropolitana frutto di equivoci, falsi storici e false testimonianze.

William Withey Gull

Un altro imputato degno di nota è William Withey Gull, medico personale della regina Vittoria. Il rinomato uomo di scienza viene tirato in ballo da Joseph Sickert, figlio del pittore tedesco Walter Richard Sickert. Questa teoria, in sostanza, è una ulteriore interpretazione del “complotto reale”. Gull, infatti, secondo questa ipotesi, sarebbe l’esecutore materiale dei delitti attribuiti a Jack the Ripper: medico, abile con i ferri e gli strumenti del mestiere, un cocchiere quale complice, John Charles Netley. Omicidi, secondo le tesi del “complotto reale”, finalizzati alla eliminazione di scomode testimoni a conoscenza della nascita di una erede al trono illegittima. All’epoca dei fatti, Gull è un uomo di 72 anni. Resterà invalido a causa di un ictus, evento che sopraggiunge in concomitanza con la fine degli omicidi a Whitechapel. Solo una coincidenza? Verità, leggenda? Anche in questo caso, la certezza non esiste. Bond, nel rapporto del 1888, esclude che l’assassino possa essere un medico, eppure alcuni indizi sembrano dare fondamento alla pista che conduce a Gull.

Sir John Williams

Sir John Williams è l’ultima figura legata ai Reali britannici. In realtà, egli non viene tirato in ballo all’interno dell’enigmatico “complotto reale”, bensì avrebbe agito in maniera del tutto indipendente e autonoma. Williams è l’ostetrico della principessa Beatrice di Sassonia-Coburgo-Gotha, ultima figlia della regina Vittoria. Williams, secondo una prima teoria, conosce personalmente tutte le vittime ed uccide le donne nel (vano) tentativo di comprendere le cause dell’infertilità. Una seconda ipotesi, vuole Williams uccidere le donne in quanto la moglie, Lizzie, non può avere figli.

Tutti colpevoli, nessun colpevole       

Ironia della sorte, è Walter Richard Sickert – il già citato pittore tedesco – ad essere al centro di una controversa ipotesi. Secondo la scrittrice Patricia Cornwell, Jack lo Squartatore è proprio Walter Richard Sickert. A sancire questo “verdetto” è il libro, del 2002, “Ritratto di un assassino: Jack lo Squartatore – Caso chiuso”, opera in cui la celeberrima scrittrice statunitense sviluppa un percorso investigativo personale e mai preso in considerazione prima di allora, ma, al contempo, non accettato dagli storici. Una analisi meticolosa, dettagliata, complessa, confacente a tutte le più moderne tecniche di ricerca forense (compresa la prova del DNA) ma, secondo esperti e studiosi, non convincente. Chi ha ragione, Patricia Cornwell o i suoi detrattori? Forse non lo sapremo mai.

Joseph Barnett

Joseph Barnett è, a detta di molti, un indiziato molto interessante. Ma anche la sua posizione, come vedremo, è ben lontana dall’essere definita e tratteggiata con rigore. Barnett è l’amante e convivente di Mary Jane Kelly, l’ultima vittima accertata attribuibile al “the Ripper”. La relazione tra i due si colloca tra la primavera del 1887 e la fine di ottobre del 1888. Le testimonianze dell’epoca ci consegnano un uomo violento, umile (è un ex pescivendolo), frustrato, deluso dal comportamento della Kelly, tornata a prostituirsi dopo aver perso il lavoro. All’epoca dei fatti, Frederick George Abberline – poliziotto attivo nella indagine su Jack the Ripper, nonché figura portante (e debitamente romanzata) del sopracitato film “La vera storia di Jack lo Squartatore, in cui è interpretato da Johnny Depp – interroga ripetutamente Barnett, ma per mancanza di prove questi non verrà mai incriminato. Diverse le ipotesi sul tavolo. La prima vuole che Barnett abbia ucciso solo Mary Kelly, imitando gli autentici omicidi imputabili allo Squartatore. Del resto, Mary Kelly è stata uccisa in casa: solo la donna stessa e Barnett, l’amante-convivente, posseggono le chiavi della porta della abitazione. Inoltre, sappiamo che Barnett va a trovare Mary Kelly la sera dell’8 novembre, per poi andare via attorno alle 20:00. Una seconda ipotesi narra di un Barnett il quale, in segno di vendetta e rappresaglia contro la Kelly, uccide altre prostitute. Alcuni indizi sembrano poter identificare Barnett con il vero Jack lo Squartatore, altri, al contrario, smentiscono questa certezza. Su tutti, un enigmatico indirizzo appuntato su una busta di una lettera inviata dal presunto Squartatore: “M Sp 26”, ossia Miller’s Court Spitalfields 26, l’indirizzo di Barnett. È Barnett il vero Jack o è il vero Jack ad aver incastrato Barnett tramite l’indirizzo malignamente apposto sulla lettera? Anche la posizione di Barnett, pertanto, oscilla tra mito e realtà.

George Hutchinson

Altre fonti ed altre piste conducono ad ulteriori profili e sospetti. George Hutchinson, operaio disoccupato che abita vicino alla casa di Mary Kelly, testimonia di aver visto il killer assieme alla Kelly. Una descrizione molto dettagliata. Sin troppo dettagliata: egli, infatti, afferma di aver visto l’assassino alle 3 di notte, al buio. Abberline, però, ritiene attendibile il testimone. Alcuni studiosi, tuttavia, identificano in Hutchinson lo Squartatore. Alcuni serial killer, infatti, sono soliti partecipare alle indagini, confondersi tra gli insospettabili. Non solo: giornali americani di fine Ottocento raccontano di un tale George Hutchinson, protagonista a Chicago di un omicidio ai danni di una donna secondo il modus operandi di Jack the Ripper.

Charles Allen Lechmere

Charles Allen Lechmere è uno dei tanti “indiziati”. Fattorino e cocchiere a Whitechapel, secondo alcuni studiosi presenta tutti i requisiti attribuibili al profilo di Jack lo Squartatore. La sua posizione è alquanto precaria: è il primo a trovare il corpo di Mary Ann Nichols, fornisce agli investigatori un indirizzo falso, testimonia il falso, opera in qualità di cocchiere e fattorino (trasportando anche carne) proprio nei luoghi in cui agisce il serial killer. Ad avviso del giornalista investigativo svedese Christer Holmgren, Lechmere uccide dapprima la Tabram, quindi le altre cinque, canoniche donne. Attribuisce a Lechmere anche l’omicidio della donna senza testa, il cui tronco mutilato viene rinvenuto nel Tamigi. Sette vittime.

Thomas Neill Cream

Thomas Neill Cream, medico chirurgo specializzato in aborti clandestini, entra in gioco a causa di una sua, presunta dichiarazione in punto di morte. Natio di Glasgow, Scozia, si muove ed opera tra Londra, il Canada e Chicago. Stiamo parlando di un serial killer, ribattezzato “L’avvelenatore di Lambeth”. Finalmente e nuovamente catturato dopo numerose vicissitudini, Cream viene condannato alla pena capitale (impiccagione) il 15 novembre del 1892, presso il carcere londinese di Newgate. A detta del suo boia, James Billington, pare che Cream, un attimo prima di spirare, abbia pronunciato le parole «Sono Jack lo…». Suggestione, invenzione o verità? Probabilmente le prime due. Cream, nel 1888, è in carcere, negli Stati Uniti, ove vi rimane dal 1881 al 1891. Teorie complottiste affermano che egli sia fuggito dal carcere, corrompendo gli agenti e le guardie. Ma, appunto, si tratta di fantasiose congetture, peraltro smentite da numerose ed attendibili persone.

Dubbi e congetture che investono anche la figura di Thomas Hayne Cutbush, studente in medicina malato di sifilide. Psicologicamente instabile, viene ricoverato presso il Broadmoor Hospital nel 1891, ove vi rimarrà sino alla sua morte, nel 1903. È autore di una aggressione ad una ragazza, è anche un sospettato per gli omicidi di Whitechapel ma nulla più. Troppo pochi gli elementi per incriminarlo, ieri come 129 anni più tardi.

Frederick Bailey Deeming

Frederick Bailey Deeming è un ulteriore assassino identificato come Jack lo Squartatore. Egli uccide, nel 1891, la sua prima moglie – Marie –, i suoi quattro figli e la sua seconda moglie, Emily Mather. Il 23 maggio 1892, in Australia, viene giustiziato: impiccato. Probabilmente, quasi certamente, Deeming non è the Ripper, ma alcuni articoli di giornali contemporanei alla sua condanna a morte, speculazioni di varia natura, fantasiosi versi poetici e la sua maschera di morte mostrata, nello Scotland Yard Museum of Crime, come il volto di Jack the Ripper hanno alimentato e continuano ad alimentare la credenza che Deeming sia effettivamente lo Squartatore.

Assassini? Non solo

Anche uno scrittore e giornalista quale Robert Donston Stephenson può finire nella lista dei sospettati. Appassionato di magia nera e occultismo, Stephenson elabora teorie alquanto personali circa l’identità dello Squartatore. Nel periodo dei delitti di Whitechapel, Stephenson si trova presso il London Hospital: esattamente è qui dal 26 luglio al 7 dicembre 1888. Egli palesa un interesse verso gli omicidi di Whitechapel assai intenso, considerata la natura ed il modus operandi che caratterizzano i delitti stessi. La storia ha del clamoroso: Stephenson passa da accusatore ad accusato. Dopo aver elaborato, infatti, la propria teoria – l’assassino è un esperto di magia nera, di occultismo ed uccide con finalità rituali –, egli verrà accusato di essere Jack lo Squartatore. Questo enorme equivoco scaturisce dalle congetture inizialmente imbastite dall’editore William Thomas Stead, dalla baronessa Vittoria Cassini Cremers ed Aleister Crowley, teorie riprese successivamente ed ulteriormente gonfiate e romanzate. Ma i fatti e le ortodosse testimonianze scagionano Stephenson.

James Kelly (assassino della propria moglie nel 1883; le taglia la gola) e Alexander Pedachenko sono la prova che tutti possono cadere nella “trappola” dei sospettati. Il primo, sebbene abbia ucciso, è accusato, specie in anni recenti, da autori di libri e programmi TV sulla base di scarse e non documentate prove. Il secondo, addirittura, pare sia un personaggio inventato di sana pianta, partorito dalla fantasia di William Le Queux. Questi afferma di aver letto alcune memorie di Rasputin. Secondo la clamorosa rivelazione di Le Queux, il sedicente guaritore attivo presso gli Zar di Russia indica nel nome di Alexander Pedachenko il vero Jack lo Squartatore. Pedachenko sarebbe uno psicopatico dottore russo, agente dell’Okhrana, la polizia segreta zarista. Scopo degli omicidi, screditare Scotland Yard. Il fantomatico Pedachenko agisce assieme a due fidati complici: il fantomatico “Levitski” e l’altrettanto immaginario Winberg, un sarto. Una storia fumettistica assolutamente infondata.

Infondata è anche la congettura che accusa James Kenneth Stephen, poeta, tutore del Principe Alberto Vittorio. Tutto nasce da una pista tracciata da Michael Harrison, il quale, nel 1972, intravede in Stephen il possibile Squartatore. Misogino, geloso delle compagnie femminili di Alberto Vittorio, inizia a vendicarsi uccidendo le prostitute. Secondo Harrison, inoltre, la sua calligrafia ricorda molto da vicino quella riscontrabile nella lettera “from hell”, attribuita allo Squartatore. In anni successivi, queste congetture verranno riprese ed ulteriormente elaborate, in un crescendo di teorie sensazionalistiche ma storicamente assai inaffidabili e non convincenti.

La lista dei sospettati – pochi ufficiali e molti, forse troppi, frutto di suggestive congetture tuttavia prive di concreto fondamento – è lunga e, a scadenze quasi regolari, si arricchisce di nuovi nomi ed elementi.

Montague John Druitt è il primo sospettato ufficiale. Avvocato benestante, egli viene trovato morto il 31 dicembre 1888, probabilmente suicida. La morte di Montague John Druitt e la fine dei delitti di Whitechapel sono, per Sir Melville Leslie Macnaghten (Assistant Commissioner della Polizia Metropolitana di Londra), coincidenze sufficienti a far ritenere che l’avvocato possa essere Jack lo Squartatore.

Seweryn Antonowicz Kłosowski, meglio noto col nome di George Chapman, è un medico chirurgo polacco emigrato, tra il 1887 ed il 1888, a Londra. Qui, cambia nome in George Chapman. Nel 1902, è accusato dell’omicidio della sedicente moglie, Maud, e delle due, altrettanto sedicenti, mogli precedenti, Mary Spink e Elizabeth “Bessie” Taylor. Questi  delitti – avvelenamento da antimonio – si consumano tra il dicembre del 1897 ed il febbraio del 1901. “George Chapman” verrà condannato a morte nel 1903. Secondo Abberline, è Kłosowski Jack lo Squartatore. In realtà, questa ipotesi appare poco probabile. Kłosowski è sì un uomo violento (la vera moglie, Lucy Kłosowski, subisce atti di crudeltà e minacce dal marito), tuttavia il modus operandi è diametralmente opposto: Kłosowski uccide avvelenando le proprie vittime, Jack the Ripper sgozza e mutila i corpi secondo un tanto oscuro quanto plateale rituale fatto di sangue ed efferato accanimento.

Il “filone polacco” contempla anche Aaron Kosminski. Nel 2014, una serie di articoli usciti sulle principali testate italiane ed internazionali pone in risalto la clamorosa notizia: Aaron Kosminski è Jack lo Squartatore. Cosa c’è di vero? Procediamo con ordine. La figura di Aaron Kosminski emerge sin dal 1888, anno in cui Jack the Ripper si eleva alle cronache. Egli è un barbiere polacco di origine ebraica, dai comportamenti psicotici (viene ricoverato, nel 1891, nel manicomio di Colney Hatch), afflitto da masturbazione compulsiva, allucinazioni, schizofrenia. Da Colney Hatch verrà trasferito al manicomio di Leavesden, dove morirà nel 1919. Kosminski, in un primo momento, entra nella vicenda di Jack the Ripper in quanto barbiere attivo a Whitechapel, peraltro afflitto da numerose turbe psichiche e sessuali. Barbiere, quindi, dotato di coltelli e provvisto di grembiule di cuoio, simile a quello che verrà ritrovato accanto al cadavere della Eddowes. In secondo luogo, Kosminski è ritenuto l’autore di alcuni documenti legati ai fatti di Whitechapel: le lettere attribuite a Jack lo Squartatore, infine la scritta trovata in una scena del crimine che recita «gli ebrei sono coloro che non verranno accusati per niente». Recentemente, il personaggio di Kosminski è tornato alla ribalta. Il merito va a Russell Edwards, autore del libro “Naming Jack the Ripper”. Secondo Edwards, Jack the Ripper è Aaron Kosminski. Le prove risiederebbero in uno scialle appartenuto a Catherine Eddowes, acquistato ad un’asta da Edwards nel 2007, mai lavato e che ancora presenterebbe tracce di sangue e sperma. La prova del DNA mitocondriale – mediante confronti con i rispettivi discendenti – avrebbe confermato tanto l’appartenenza dello scialle a Catherine Eddowes, quanto la presenza di Aaron Kosminski sulla scena del delitto. Sono sufficienti questo libro e queste prove (contestate con ulteriori ed altrettante prove scientifiche e storiche da altri esperti) a sancire l’identità di Jack lo Squartatore e chiudere il caso a distanza di 129 anni? Sono compatibili il profilo e la personalità di Aaron Kosminski con il modus operandi dello Squartatore? Il ritrovamento del presunto scialle appartenuto a Catherine Eddowes è solo una abile mossa pubblicitaria?

In questo magma di sospetti e sospettati, fuoriescono altri personaggi, le cui storie andremo ad analizzare brevemente. Il palleggio tra sospettati ufficiali e scaturiti da fantasie complottiste, indagini di giornalisti, storici, scienziati forensi e semplici appassionati di criminologia è unico e caratterizza fortemente il caso di Jack lo Squartatore. Sembra di assistere ad un’opera teatrale: i personaggi entrano in scena per poi uscire ed entrarvi nuovamente. Ognuno porta con sé storie, dubbi, suggestioni, fantasie, scheletri nell’armadio, verità e leggende.

James Maybrick è uno dei tanti personaggi che partecipa a questo virtuale spettacolo. Maybrick è un commerciante di cotone di Liverpool: avrebbe ucciso le cinque donne per gelosia e vendetta verso la moglie, Florence, la quale verrà anche incriminata per l’omicidio (avvelenamento da arsenico) dello stesso James. Un movente, invero, traballante e poco convincente. Se fosse ancora in vita, probabilmente, potrebbe denunciare i suoi calunniatori per diffamazione, vincendo anche la causa. Tutto ha inizio agli inizi degli Anni ’90, allorché Michael Barrett pubblica un diario contenente le confessioni di Jack the Ripper. Pochi anni dopo, Barrett e la moglie ammettono e confessano: è un falso. Successivamente, ritrattano, affermando la autenticità del diario. In realtà, si tratta di un falso ed il fatto che i coniugi Barrett (anche dopo il divorzio…) abbiano più volte cincischiato circa la reale veridicità del documento in questione è uno degli indizi che porta a ritenere si tratti un falso.

Robert Mann è un altro individuo in più occasioni additato quale colpevole degli omicidi di Whitechapel. Assistente all’obitorio di Whitechapel, egli avrebbe ucciso sette donne, da Martha Tabram ad Alice McKenzie. Di Robert Mann, invero, sappiamo pochissimo. Tuttavia, alcuni esperti considerano Mann coerente con il profilo di Jack lo Squartatore, benché le poche testimonianze non collimino perfettamente.

Carl Ferdinand Feigenbaum è un marinaio mercantile. Nel 1894, viene arrestato a New York per l’omicidio di Juliana Hoffmann, reato che gli vale la sedia elettrica: l’esecuzione è datata 27 aprile 1896. All’indomani della sua esecuzione, l’avvocato dell’assassino, William Sanford Lawton, dichiara che Carl Ferdinand Feigenbaum è Jack lo Squartatore. A quanto pare, Carl Ferdinand Feigenbaum è autore di una scia di sangue che va dal 1891 al 1894: dagli USA alla Germania, passando, ovviamente, per Londra e Whitechapel. Anche questa teoria scricchiola: altri storici e scienziati respingono questa tesi.

Michael Ostrog, russo, è un altro personaggio probabilmente ingiustamente accusato di essere lo Squartatore. Ladro, mitomane, cambia spesso identità: destreggia con sapienza l’arte della finzione. Macnaghten indaga sul figuro russo sin dal 1889, tuttavia gli indizi contro Ostrog appaiono scarsi e di basso profilo. Attualmente, gli storici tendono a depennare Ostrog dalla lista degli indiziati.

Ben più sostanziosi – ma storicamente non avvalorati – gli indizi che conducono a Francis Tumblety. Di origine irlandese, Francis Tumblety è un commerciante di medicinali ed erbe, ma è solito fingersi medico. Sposa una prostituta, palesa atteggiamenti misogini, è arrestato per omosessualità nel 1888, implicato (ma poi scagionato) nell’assassinio di Abraham Lincoln. Insomma, un tuttofare onnipresente della cronaca borderline. Vive in Francia e negli Stati Uniti, ove possiede una insolita e macabra collezione di uteri. In generale, il suo profilo ha tratti in comune con quelli dello Squartatore, tuttavia anche su Francis Tumblety aleggiano dubbi. Alcuni studiosi affermano che sia il bizzarro commerciante irlandese il vero Squartatore: autore dei primi quattro omicidi, ma non del brutale assassinio di Mary Kelly.

William Henry Bury è l’ultimo personaggio che andremo a menzionare. Bury è passato alla storia per esser stato l’ultimo ad essere condannato a morte in Scozia, a Dundee. È il 24 aprile 1889. Bury è condannato alla pena capitale per l’omicidio della moglie, Ellen Elliot, con buona probabilità una ex prostituta e con la quale vive una relazione assai tormentata. William Henry Bury uccide la moglie secondo una modalità solo simile al tipico modus operandi tipico dello Squartatore di Whitechapel: il corpo di Ellen, infatti, presenta numerose ferite all’addome, segno di un accanimento post mortem da parte del marito. Il cadavere della donna viene posto all’interno di una cassa. Ben presto si giunge alla verità e Bury verrà incriminato, processato, infine giustiziato.

Bury ammetterà l’omicidio della moglie, ma negherà di essere Jack lo Squartatore. Eppure, Bury è un serio indiziato, benché – parimenti ad altri casi qui analizzati – la sua storia, i suoi movimenti ed il suo profilo non collimino esattamente con il canonico identikit criminale dello Squartatore.

Le ferite inflitte al cadavere della moglie, il fatto che, tra l’ottobre 1887 ed il gennaio 1889, abitasse a Bow, vicino Whitechapel, gli articoli pubblicati dai quotidiani “The Dundee Advertiser”, “The New York Times” e “The Dundee Courier” nei quali si accusa apertamente Bury di essere the Ripper, i libri e gli altrettanti articoli usciti nei primi decenni del Novecento in cui si continua a sostenere tale tesi ed altre testimonianze orali lungi dall’essere verificate fanno sì che, per diversi anni, Bury venga descritto come possibile autore dei delitti di Whitechapel. La realtà fattuale, tuttavia, ci racconta in modo esplicito altre verità: Ellen è strangolata con una corda, le ferite inferte sul suo corpo presentano caratteristiche diverse da quelle riscontrabili sulle donne uccise dal vero Squartatore. In più, Bury ha confessato un omicidio, peculiarità affatto trascurabile: il vero Jack the Ripper avrebbe mai confessato i suoi omicidi? Dubitiamo fortemente.

L’eredità di Jack lo Squartatore: 129 anni di mitologia

La storia di Jack lo Squartatore ha assunto, in tanti anni, le sembianze di una sorta di racconto mitologico del terrore. Verità e leggenda si scontrano, si incontrano e si intrecciano senza soluzione di continuità.

Storici, esperti di varia natura e semplici appassionati hanno, involontariamente ma spesso consapevolmente, contribuito alla stesura di questo virtuale racconto del terrore. Teorie e congetture, anche le più fantasiose, hanno reso ancor più celebre il caso del serial killer di Whitechapel. Come detto già all’inizio, il “cold case” più famoso della storia contemporanea.

Jack lo Squartatore, probabilmente, non verrà mai scoperto: non è stato catturato in vita, probabilmente non verrà mai scoperto da morto. Ad ogni modo, anche a fronte della più meticolosa e scientifica delle moderne indagini, rimarrebbe sempre un alone di dubbio lungo 129 anni. Una condanna postuma impossibile da verificare e avvalorare in maniera incontrovertibile, definitiva e completa. Impossibile, insomma, porre la parole “fine” su questo intrigante ed intricato caso.

In particolare, è il modus operandi di Jack the Ripper ad aver alimentato ipotesi, congetture e mitologia. Jack non è un semplice (per così dire) assassino seriale, è un qualcosa di più. È un autentico artista del male, impersona la sublimazione del male. Impossibile non fantasticare attorno ai suoi omicidi, a quel rituale così macabro e chirurgico che lo contraddistingue. Il tutto, inserito in una cornice storica ed urbana caratteristica, inimitabile, unica: i bassifondi bui, nebbiosi e maleodoranti della Londra vittoriana.

Un rituale che, chissà, sembra descrivere un uomo che va oltre il semplice – ancorché perverso e malato – godimento sessuale, peraltro tipico di molti serial killer. Un uomo tutt’altro che di umile estrazione: un individuo capace di nascondersi, di eludere, quasi irridere gli investigatori, di mimetizzarsi tra la popolazione, di farsi beffa della popolazione stessa, di agire lucidamente, con rapidità, intelligenza e senza inquinare la scena del crimine con prove e tracce facilmente riconducibili ad una ben definita persona. Un individuo scaltro, abile con i coltelli. Occultismo? Omicidi su commissione? Ed ecco, allora, profilarsi all’orizzonte uno scenario: Jack lo Squartatore considerato non come una singola persona, ma come gruppo di persone dedito ad omicidi rituali. E perché gli omicidi si interrompono così bruscamente? Forse, nel frattempo, Jack muore? Oppure, per qualche ragione a noi ignota, pone volontariamente (o su ordine) fine alla scia di sangue? In questi dettagli, il caso di Jack lo Squartatore ricorda i fatti di cronaca, altrettanto inquietanti e ancora avvolti da non pochi punti interrogativi, legati al cosiddetto “Mostro di Firenze”.

Cicliche domande, insoluti enigmi. La beffarda eredità di Jack lo Squartatore.

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