Il caso che andremo a raccontare ci catapulta in un’epoca passata, il Diciottesimo Secolo inglese. Anni di aristocrazia e servitù, di working class e ricca nobiltà, di famiglie fidate e ben viste dalla comunità alle quali le chiese locali affidano orfani e giovani abbandonati dalle famiglie, di gerarchie, scale e ruoli sociali assai diversi e distanti da quelli attuali. Giorgio I, Giorgio II e Giorgio III sono i sovrani che – in carica nell’arco di tempo che va dal 1714 al 1820 – si susseguono al trono ed accompagnano, idealmente, la vita della donna protagonista di questa inquietante storia di sadismo e violenza domestica.
La vicenda legata ad Elizabeth Brownrigg si inserisce perfettamente in questa multiforme e complessa cornice storica. Ma il macabro aleggia come uno spettro: ed ecco che quella affidabile ed affabile levatrice cela, in realtà, una sadica torturatrice. E assassina.
Chi è Elizabeth Brownrigg?
Scarse le informazioni circa la vita di Elizabeth Brownrigg. Sappiamo che nasce nel 1720 da una famiglia di nome Hartley o Harkly appartenente alla working class inglese. Sposa James Brownrigg, un apprendista idraulico dal quale ha sedici figli: solo tre, tuttavia, sopravvivono all’infanzia. La mortalità infantile, in quegli anni, raggiunge percentuali altissime.
L’attività di idraulico di James Brownrigg – ben avviata ed economicamente fruttifera – consente alla coppia di prosperare e di ambire ad importanti ruoli sociali. Elizabeth diventa ostetrica, una levatrice rispettata e ben voluta dalla comunità. I due si trasferiscono, attorno al 1765, a Fetter Lane, vicino a Fleet Street, Londra. La parrocchia di Saint Dunstan’s, alla luce dei buoni risultati conseguiti da Elizabeth Brownrigg, inizia una collaborazione con la donna stessa, affidandole bambini e giovani ragazze, da avviare alla professione di domestiche, provenienti dal Foundling Hospital, fondato nel 1739 da Thomas Coram.
Ma questa collaborazione, nelle intenzioni a fin di bene e finalizzata ad offrire un posto nella società a giovani donne altrimenti abbandonate ed emarginate, presenta ben presto numerosi aspetti negativi, peraltro diffusi in altre famiglie. Ad iniziare dal rapporto che può instaurarsi tra la famiglia ospitante e le aspiranti domestiche, le quali, spesso, vanno a ricoprire il ruolo di autentica schiavitù.
Ma nel caso della famiglia Brownrigg la realtà supera la più macabra fantasia…
Le torture
Elizabeth Brownrigg non è quella donna celestiale e benevola come appare esternamente. E come ritiene la comunità locale. Ella, infatti, cela un lato oscuro, violento, sadico. È solita maltrattare le giovani ragazze affidatele dalla locale parrocchia: abusi fisici e psicologici, torture di ogni genere, percosse, privazione del cibo e dell’acqua, orari di lavoro altamente stressanti, umiliazioni. Spesso le apprendiste vengono lasciate nude o malamente vestite, costrette a dormire per terra, legate alle sedie o appese a ganci e picchiate per ore. Elizabeth Brownrigg trae godimento dalle torture inflitte alle giovani domestiche: un godimento tanto sadico quanto perverso. Un autentico piacere sessuale derivante dalla sofferenza fisica altrui. Alle torture partecipano anche il marito, James, ed il figlio, John. Ad ogni modo, è Elizabeth la figura dominante e portante della famiglia, un diabolico pilastro attorno al quale ruotano le figure maschili, succubi benché non meno complici e malvagie.
In particolare, Elizabeth Brownrigg è passata alla storia per i reiterati abusi compiuti su tre giovani ragazze: Mary Jones, Mary Mitchell e Mary Clifford. Mary Jones e Mary Mitchell cercano, invano, la salvezza. Cercano di fuggire ma ogni tentativo di fare giustizia naufraga miseramente. Mary Jones, elusa la sorveglianza, si dirige al Foundling Hospital il quale, però, si limita ad inviare una semplice reprimenda alla famiglia Brownrigg. La reputazione dei Brownrigg è salva. Mary Jones non andrà più nella casa dei Brownrigg, ai quali, incredibilmente, viene affidata la custodia di altre due ragazze, la già citata Mary Mitchell – 16 anni – e la quattordicenne Mary Clifford. Mary Mitchell è severamente punita allorché la Brownrigg sorprende la ragazza a mangiare castagne nella camera del figlio.
Ma è Mary Clifford, in particolare, ad essere al centro delle ire e delle violente perversioni di Elizabeth Brownrigg.
Ripetutamente picchiata, maltrattata, ormai malnutrita, Mary Clifford viene abbandonata al proprio destino. La ragazza viene gettata nella stalla, tra i maiali. Il suo corpo è ricoperto di graffi, lividi e ferite ormai infette. La sua lingua, tagliata con le forbici in due punti.
La ragazza viene scoperta da un fornaio che in quel momento transitava di fronte all’abitazione dei Brownrigg. L’uomo dà l’allarme e le autorità ecclesiastiche accorrono prontamente alla casa dei Brownrigg. Queste chiedono ai coniugi Brownrigg notizie su Mary Clifford.
Elizabeth ed il marito James, tuttavia, negano i fatti e le accuse. Anzi, controbattono, mostrando loro Mary Mitchell, la ragazza che – a detta dei Brownrigg – si occupa dei maiali e che è stata vista dal fornaio. Elizabeth e James negano persino che Mary Clifford viva con loro.
Ma anche Mary Mitchell presenta evidenti segni di violenze, inflitte della sadica padrona di casa.
I sospetti, ormai, covano incontrovertibili ed ineluttabili. Mary Mitchell e Mary Clifford vengono ricoverate in ospedale ma per la Clifford non c’è più alcuna speranza di sopravvivenza: la ragazza muore per le gravi ferite infette al St Bartholomew’s Hospital. È il 9 agosto 1767.
Frattanto, Elizabeth Brownrigg ed il figlio John fuggono. James, invece, è subito fermato e condotto nella prigione londinese denominata Wood Street Compter (o Wood Street Counter).
La polizia è sulle tracce della donna, smascherata per quel che realmente è: una pericolosa criminale. I due affittano una stanza a Wandsworth, presso l’appartamento di un certo signor Dunbar. Il proprietario di casa, tuttavia, vede il messaggio della polizia su un giornale: i ricercati corrispondono alla descrizione dei due personaggi ospitati da Dunbar. Questi avvisa le autorità. I due latitanti vengono arrestati. Siamo nell’estate del 1767.
La condanna a morte
Il processo e la seguente condanna si consumano nell’arco di poche settimane, tra l’agosto ed il settembre del 1767. La famiglia Brownrigg è processata presso l’Old Bailey di Londra, nome con il quale viene comunemente chiamato il palazzo che accoglie il Central Criminal Court of England and Wales.
Se per James e John si aprono le porte del carcere, per Elizabeth – dapprima condotta nel carcere di Newgate – è pronto un destino ben più spietato: è, infatti, condannata a morte per impiccagione. È il 14 settembre 1767 quando Elizabeth Brownrigg viene condotta al patibolo e qui giustiziata, al cospetto di una folla inferocita che lancia dannazioni contro la aguzzina. Sede dell’ultimo atto della vita di Elizabeth Brownrigg è Tyburn, villaggio nella Contea del Middlesex presso il quale si svolgono – dal 16° al 18° Secolo – le esecuzioni capitali dei condannati dell’area londinese. Il cosiddetto “Tyburn Tree” – luogo dove materialmente si compiono le esecuzioni – è un nome che riecheggia forte e duraturo nella Londra di quei secoli. Thomas Turlis è il nome del boia, attivo attorno agli anni che vanno dal 1752 al 1771.
Il cadavere di Elizabeth Brownrigg viene trasportato presso il Surgeons’ Hall, ove viene analizzato e poi esposto in segno di monito. Giustizia è fatta.
Si conclude, così, una pagina di cronaca nera che ha profondamente segnato l’opinione pubblica inglese. Un episodio che, oltre ad evidenziare gli intrinseci difetti del rapporto tra aspiranti domestiche e famiglie ospitanti, ha scoperchiato crimini ed un delitto di rara disumanità.
Elizabeth Brownrigg incarna una forma di male oggi non più contemporanea ed attuale. Una forma di malvagità, cioè, tipica e figlia di quel determinato contesto storico, in cui l’accanimento – che qui sfocia nella tortura più crudele e sadica – sui domestici e la servitù (ritenuti spesso inferiori) era tutt’altro che raro.
Ma la tortura ed il sadismo anche a sfondo sessuale, tuttavia, costituiscono spesso una costante nel variegato mondo dei crimini efferati, anche a fronte di mutati contesti storici e altrettanto diverse tipologie di vittime. Non sappiamo con precisione, infatti, perché Elizabeth Brownrigg torturasse le ragazze: godimento sessuale o una qualche forma di vendetta verso le donne?
In questo senso, ad ogni modo, Elizabeth Brownrigg è ancor attuale. E per questo, la sua figura inquietante. Oggi come ieri.