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Madame LaLaurie, il lato macabro della aristocrazia americana

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Madame LaLaurie

New Orleans è, senza dubbio, tra le città più caratteristiche degli Stati Uniti d’America. Cuore pulsante dello Stato della Louisiana, viene fondata nel 1718 da Jean-Baptiste Le Moyne de Bienville col nome di La Nouvelle-Orléans, in onore del Duca di Orléans, Filippo II di Borbone-Orléans. Capitale della Louisiana dal 1722 (e successivamente dal 1865 al 1880; è sede del governo dal 1864 al 1882), viene ceduta alla Spagna nel 1763, per poi ritornare sotto egida francese nel 1800. Nel 1803, grazie al cosiddetto “Louisiana Purchase”, gli Stati Uniti acquistano la Louisiana dalla Francia. È in questo contesto storico fatto di aristocrazia di origine europea, colonialismo, repentini e profondi mutamenti politici e sociali che agisce la protagonista della storia che andremo a raccontare. Il suo nome è Marie Delphine MacCarthy, nota anche col nome di Madame Blanque. Donna, tuttavia, passata alla storia come Madame LaLaurie (o Lalaurie).

Madame LaLaurie, tre volte sposa

Incerta la data di nascita di Marie Delphine MacCarthy: alcune fonti indicano il 1775, altre il 1780, altre ancora il 19 marzo 1787. Ad ogni modo, la nascita di questa enigmatica donna si colloca agli albori della formazione degli Stati Uniti d’America, la cui dichiarazione di indipendenza risale, come noto, al 4 luglio 1776. È la primogenita di cinque figli; il padre è Louis Barthélemy de MacCarthy (Chevalier de MacCarthy), la cui famiglia era emigrata dall’Irlanda in terra di Louisiana attorno al 1730. Il cognome MacCarthy, di chiare origini irlandesi, viene successivamente abbreviato in Macarty o de Macarty, francesizzando, pertanto, dicitura e pronuncia. La madre è Marie-Jeanne L’Erable MacCarthy, nata in Louisiana nel maggio 1747 ed unitasi in matrimonio al già citato Louis Barthélemy de MacCarthy nel luglio del 1763. Marie Delphine, pertanto, viene alla luce quando New Orleans è sotto il dominio spagnolo.

La famiglia di Marie Delphine detiene potere, molto potere. E denaro, molto denaro. Fa parte, infatti, di quella aristocrazia creola – termine con il quale si identificano i meticci della Louisiana, in particolare di New Orleans – la quale, di fatto, tiene le redini politiche, sociali ed economiche di uno Stato e di una città al centro di molteplici attenzioni, contesa da Spagna e Francia. Suo zio – Esteban Rodríguez Miró y Sabater, marito di Marie Céleste Eléonore de Macarty – è governatore delle province americane spagnole della Louisiana e della Florida dal 1785 al 1791; suo cugino – Augustin de Macarty – è sindaco di New Orleans dal 1815 al 1820.

Il primo matrimonio

Marie Delphine, nel giugno del 1800, sposa Don Ramón de Lopez y Angulo, un alto ufficiale spagnolo. A far da cornice alle importanti e attese nozze, la bellissima St. Louis Cathedral di New Orleans.

Durante un viaggio in Spagna – siamo nei primi anni del 1800, per la precisione nel 1804 – Marie Delphine dà alla luce la sua primogenita, Marie-Borja Delphine Lopez y Angulo de la Candelaria, soprannominata Borquita. Ben presto, però, Marie Delphine rimarrà vedova.

Il secondo matrimonio

Nel giugno 1808, Marie Delphine si unisce in matrimonio a Jean Blanque, commerciante, avvocato, banchiere. Insomma, un personaggio di spicco dell’alta società della New Orleans di primo Ottocento. È in questa fase che Blanque acquista una casa a New Orleans, al numero 409 di Royal Street. Villa Blanque. Dal matrimonio tra Marie Delphine e Jean Blanque nascono quattro figli: Marie Louise Pauline, Louise Marie Laure, Marie Louise Jeanne e Jeanne Pierre Paulin. Ma anche questo matrimonio è destinato a breve vita: Jean Blanque, infatti, muore nel 1816.

Il terzo e ultimo matrimonio

Nove anni più tardi, Marie Delphine è protagonista di un terzo ed ultimo matrimonio. Siamo ancora in giugno, ma l’anno è il 1825. Il nuovo sposo porta il nome di Leonard Louis Nicolas LaLaurie. Ed è grazie al cognome del medico che Marie Delphine Macarty passerà alla storia: è nata la leggendaria Madame LaLaurie.

Madame LaLaurie, un mistero che dura da 184 anni

 

La vicenda legata a Madame LaLaurie si arricchisce di un importante tassello: corre l’anno 1831. La aristocratica donna acquista, infatti, una proprietà al 1140 di Royal Street, New Orleans, ove sorgerà, nel 1832, una raffinata ma affatto appariscente casa a due piani, comprendente anche degli alloggi destinati alla schiavitù.

La schiavitù costituisce, nei territori dei neonati Stati Uniti d’America, una realtà consolidata e largamente accettata, specie negli Stati del Sud, quale, ad esempio, la Louisiana. La sanguinosa guerra civile americana (1861-1865, nota anche col nome di guerra di secessione) è ancora lungi dall’esser aspramente combattuta sui campi di battaglia, ma i prodromi del conflitto intestino hanno radici profonde. Alla vigilia del conflitto, nella primavera del 1861, la Louisiana (stato confederato) conterà circa 376.913 uomini liberi e ben 332.520 schiavi, pari al 46% della popolazione. Solo South Carolina e Mississippi presenteranno percentuali maggiori, rispettivamente del 57,2%  e 55,2%.

Ebbene, come già accennato, la famiglia LaLaurie possiede schiavi. Madame LaLaurie, matrona aristocratica e qualificata da modi e maniere degni di tale rango sociale, però, è al centro di velenose maldicenze. Voci, pettegolezzi e sospetti inizialmente non suffragati da incontrovertibili prove, tuttavia sempre più insistenti e capillari. Questi racconti parlano di una donna brutalmente cinica, violenta: maltratterebbe i propri schiavi infliggendo loro atroci torture. L’amministrazione cittadina, a seguito di tali rumors, effettua alcuni controlli nella dimora incriminata, quella elegante residenza al 1140 di Royal Street. Non emergono anomalie apparenti. Al contrario, Madame LaLaurie manifesta gentilezza verso i propri schiavi, dimostrandosi affabile e disponibile. Arriva persino ad affrancare due propri schiavi, rendendoli, pertanto, uomini liberi: Jean Louis nel 1819 e Devince nel 1832.

Le testimonianze raccolte dalla pensatrice, filosofa, scrittrice e giornalista inglese Harriet Martineau documentano in modo ineccepibile il lato oscuro della matrona di New Orleans. Sono proprio i resoconti della Martineau, pazientemente ottenuti nel corso del suo lungo viaggio in terra americana (1834-1836), a costituire, oggi, una delle più valide testimonianze in tempo reale circa i macabri fatti legati a Madame LaLaurie.

Una doppia personalità

Sembra, dunque, che la nobildonna della Louisiana palesi una doppia vita, una “doppia personalità”: gentile e accomodante in pubblico, sadica, violenta e spietata tra le mura domestiche, lontano da sguardi indiscreti.

I racconti, tuttavia, si fanno sempre più macabri. Si narra di una certa Lia (o Leah), schiava di appena 12 anni, caduta dal tetto della casa di Madame LaLaurie. Inseguita e percossa dalla donna di origini irlandesi, la giovane ragazza – secondo la LaLaurie, colpevole di gesti maldestri mentre le pettinava i capelli – perde la vita in questa drammatica circostanza, ancorché mai del tutto chiarita ed ancora al centro di controverse speculazioni storiche in quel di New Orleans. Alcuni affermano sia caduta accidentalmente, altri sostengono sia stata deliberatamente spinta dalla LaLaurie. Il corpo della ragazza viene seppellito all’interno dei giardini della villa. Questo episodio, ad ogni modo, fa sì che un velo inizi a squarciarsi. Lentamente ma inesorabilmente. I sospetti si moltiplicano. Madame LaLaurie è sempre più vista di cattivo occhio dalla comunità. La famiglia LaLaurie viene, così, privata di nove schiavi. Ma i LaLaurie si riappropriano ben presto di questi servi, acquistandoli nuovamente tramite un intermediario. Sembra anche che Marie Delphine LaLaurie tenga incatenato uno dei cuochi ad un fornello della cucina; inoltre, sembra picchi le figlie quando queste cercano di dar da mangiare al proprio caro.

1834: l’incendio e la macabra scoperta

Madame LaLaurie

10 aprile 1834: una data spartiacque per New Orleans e per una delle famiglie aristocratiche più rappresentative e in vista dell’intera città, quella legata a Madame Marie Delphine LaLaurie.

Un incendio divampa nell’ormai famigerata residenza al 1140 di Royal Street. Il fuoco proviene dalle cucine. I soccorsi non tardano ad arrivare. Ciò che si palesa davanti agli occhi degli allibiti soccorritori è inimmaginabile.

Incatenata alla stufa, trovano una cuoca. È stata lei ad appiccare l’incendio: preferiva togliersi la vita anziché essere vittima delle ennesime, disumane torture da parte della padrona, Madame LaLaurie. Ma non è tutto. I soccorritori, medici, polizia e vigili del fuoco, si imbattono in sette schiavi – come riportano le cronache dell’epoca – orribilmente mutilati, sospesi al collo e con le membra apparentemente allungate e strappate da una estremità all’altra.

Il The New Orleans Bee, in data 11 aprile 1834, scrive: “Seven slaves more or less horribly mutilated were seen suspended by the neck, with their limbs apparently stretched and torn from one extremity to the other. Language is powerless and inadequate to give a proper conception of the horror which a scene like this must have inspired. We shall not attempt it, but leave it rather to the reader’s imagination to picture what it was.”

E ancora: “These slaves were the property of the demon, in the shape of a woman whom we mentioned in the beginning of this article. They had been confined by her for several months in the situation from which they had thus providentially been rescued and had been merely kept in existence to prolong their suffering and to make them taste all that the most refined cruelty could inflict. But why dwell upon such aggravating and painful particulars! We feel confident that the community share with us our indignation, and that vengeance will fall heavily upon the guilty culprit. Without being superstitious, we cannot but regard the manner in which these atrocities have been brought to light as an especial interposition of heaven.”

Questi schiavi erano di proprietà del demone, nella forma di una donna di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo. Erano stati da lei confinati per diversi mesi nella situazione dalla quale erano stati provvidenzialmente salvati e mantenuti in esistenza per prolungare la loro sofferenza e far loro assaporare tutto ciò che la crudeltà più raffinata potesse infliggere. Ma perché soffermarsi su tali particolari aggravanti e dolorosi! Siamo fiduciosi che la comunità condivida con noi la nostra indignazione e che la vendetta cadrà pesantemente sul colpevole. Senza essere superstiziosi, non possiamo non considerare il modo in cui queste atrocità sono state portate alla luce come una speciale interposizione del cielo.

Persone rese scheletriche, denutrite, fisicamente e psicologicamente logore. Si parla anche di una schiava – tutti di colore, è bene ricordare – con indosso un collare di ferro e di uno schiavo maschio con profonde ferite su tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Ferite ormai infette e piene di vermi.

Le testimonianze si rincorrono confuse e senza controllo: schiavi i cui corpi presentano ferite, evidenti segni di violente frustate. Alcuni – si dice – indossano collari appuntiti per costringere il capo ad una posizione costantemente e perennemente eretta e staticamente costretta. Altri schiavi hanno le mani legate sopra la testa, altri sono costretti in ginocchio. Sembra che nei cortili della villa vengano disseppelliti numerosi cadaveri, altrettanto mutilati. In soffitta, si vocifera del ritrovamento di un centinaio di persone, molte delle quali ancora vive ma in pessime condizioni fisiche.

Realtà o leggenda?

Madame LaLaurie

Come spesso accade in queste circostanze, il confine tra realtà e leggenda metropolitana diventa improvvisamente labile e sottile. Talmente sottile, indistinto e invisibile da scomparire completamente. La villa di Madame LaLaurie si tramuta in teatro di autentici racconti dell’orrore. Al contempo, la aristocratica donna incarna, ormai, il male per eccellenza, un demone, prendendo a prestito la terminologia usata in quell’11 aprile 1834 dai redattori del The New Orleans Bee: fredda, doppia, abile dissimulatrice, orribilmente sadica.

Realtà e fantasia si intrecciano sino a produrre racconti tanto inquietanti quanto esageratamente inverosimili, non avvalorati e sostenuti da incontrovertibili prove e testimonianze. Storie che, nate già all’indomani di quel fatidico 10 aprile 1834, sono state alimentate ed ulteriormente abbellite nel corso di tutto il XX Secolo: libri, romanzi, ghost tour. Voci che narrano di schiavi con le bocche piene di escrementi, labbra cucite e dalle pelle sadicamente ricamata. Schiavi privati degli occhi, donne con le ossa spezzate e ricomposte sino a formare un bizzarro uomo-granchio, altre con intestini legati attorno all’addome. Un altro racconto parla di un uomo con arti amputati e la pelle tagliata circolarmente, quasi a far somigliare l’individuo ad un bruco. Leggende alimentate da un folklore popolare mai stanco e sazio; il personaggio di Madame LaLaurie verrà menzionato in film, videogiochi, serie televisive (American Horror Story, “Coven”, terza stagione), libri, musica, sarà al centro di documentari e trasmissioni TV. Probabilmente, la più fedele ricostruzione storica degli avvenimenti legati a Madame LaLaurie è contenuta nel libro “Madame Lalaurie – Mistress of the haunted house”, scritto da Carolyn Morrow Long (2012).

Fatto è che la comunità di New Orleans, appreso delle atrocità consumate all’interno della residenza di Madame LaLaurie, si riversa in strada. Una folla inferocita, in cerca di vendetta. Il palazzo viene saccheggiato, distrutto: stanze, mobilio, muri. Quella che prima era una ammirata residenza, tra le più apprezzate di New Orleans, è ora un cumulo di devastazione e rabbia. La residenza passerà di mano in mano all’indomani delle macabre scoperte; Charles Caffin, proprietario della casa a partire dal 1837, sembra abbia fatto aggiungere il terzo livello, piano dove oggi, erroneamente, si dice si siano consumate le torture. L’edificio assumerà, nel corso degli anni, l’aspetto che oggi possiamo ammirare.

Il palazzo al 1140 di Royal Street, ad ogni modo, vivrà un oblio lungo: una vera e propria damnatio memoriae. Un palazzo maledetto, infestato da fantasmi, dicono. Solo alla fine del 1800, l’edificio verrà portato a nuova vita: restaurato e ristrutturato, verrà adibito a diverse funzioni. Persino il noto attore Nicolas Cage ne è stato proprietario: nell’aprile 2007, attraverso l’intermediazione del Hancock Park Real Estate Company, LLC, acquista la residenza per la “modica” cifra di 3,45 milioni di Dollari. Casa, tuttavia, che gli è stata pignorata nel 2009.

Che fine ha fatto Madame LaLaurie?

L’incendio della residenza LaLaurie al 1140 di Royal Street, New Orleans, rappresenta un punto di svolta. In ogni senso. Non solo vengono, finalmente, scoperchiate e svelate le nefandezze perpetrate da Marie Delphine LaLaurie, ma segna anche la scomparsa della donna stessa. Che fine fa Madame LaLaurie? Da quel 10 aprile 1834, infatti, della nobildonna si perdono le tracce. Anche per quanto riguarda il destino della aristocratica aguzzina, le congetture abbondano. Secondo le testimonianze raccolte da Harriet Martineau, sembrerebbe che Madame LaLaurie fugga dapprima, con l’aiuto del suo cocchiere, a Mobile, in Alabama. Da qui, una rocambolesca fuga a Parigi, sotto falso nome. Le circostanze della sua morte sono ancora avvolte da una coltre di mistero storico. Secondo il romanziere George Washington Cable, Madame LaLaurie muore in occasione di una battuta di caccia al cinghiale, in Francia. Altre fonti, meno attendibili, affermano che la LaLaurie faccia ritorno negli USA sotto falso nome.

Negli Anni ’30, Eugene Backes, sagrestano presso il St. Louis Cemetery No.1 (a New Orleans esistono tre cimiteri cattolici con questo nome), rinviene una vecchia lastra di rame sulla quale è incisa la seguente scritta: “Madame Lalaurie, née Marie Delphine MacCarthy, décédée à Paris, le 7 Décembre, 1842, à l’âge de 6 (?).”, ossia “Madame Lalaurie, nata Marie Delphine MacCarthy, deceduta a Parigi il 7 dicembre 1842 all’età di 6 (?)“. Non integralmente leggibile, dunque, l’età della donna al momento della sua morte. Gli archivi parigini, tuttavia, riportano che Madame LaLaurie muore il 7 dicembre 1849, all’età di 69 anni (quindi, sarebbe nata nel 1780). Madame LaLaurie, pertanto, riposa nel cimitero St. Louis No.1, aperto nel 1789. Si conclude, nelle nebbie del tempo e della memoria storica, la vita di Marie Delphine McCarthy LaLaurie.

Donna controversa, indubbiamente violenta a dedita a torture ed efferatezze nei confronti della propria servitù. Schiavi di colore costretti a subire ogni forma di nefandezza, fisica e psicologica. Persino nella Louisiana del 1800, Stato in cui la segregazione razziale e la schiavitù costituiscono elementi portanti e affatto messi in discussione dalla società, gli atti commessi da Madame LaLaurie appaiono tanto crudeli quanto ingiustificati. Un accanimento fine a stesso.

Psicopatica o, più semplicemente, una donna gelidamente e lucidamente violenta, la quale ama maltrattare i propri schiavi per nero accanimento nei confronti di persone ritenute indispensabili ma pur sempre inferiori, in quanto di colore e schiave? Non è mai stato appurato con certezza. Difficile, infatti, tratteggiare un profilo criminale della matrona di origini irlandesi, giacché non ha mai palesato segnali che potessero far presagire esecrabili torture.

C’è chi sostiene anche che, dando per assodate alcune violenze documentate, Madame LaLaurie sia stata oggetto di una ostilità, da parte di cittadinanza e stampa, fuori del comune. Una autentica campagna denigratoria. In questo senso, gli elementi anti-storici e le leggende metropolitane accavallatesi nel corso di quasi duecento anni di storia hanno, verosimilmente, preso il sopravvento sulla realtà fattuale. È bene, infatti, inquadrare Madame LaLaurie come presunta assassina e presunta serial killer di schiavi.

Nell’immaginario collettivo, tuttavia, Madame LaLaurie incarna una delle donne più feroci dell’Ottocento. La sua figura, algida e nobile, trascende le epoche, affascina e inquieta al tempo stesso. Una donna la cui drammatica storia è carica di mito, di leggenda, ingredienti che sì hanno distorto al storicità di alcuni eventi, ma che, al contempo, hanno reso ancor più incredibile e celebre una vicenda che profuma di macabro mistero, intriso di quel respiro ottocentesco sempre ammiccante.

La vediamo lì, ritratta in quel celebre quadro: un viso magro e sottile, capelli neri pazientemente pettinati e acconciati, abito aristocratico. E quel sorriso. Beffardo, enigmatico, quasi irriverente.

Uno sguardo che nasconderà per sempre loschi segreti ed oscuri misteri.

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