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La Poena Cullei, la pena del sacco

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Poena Cullei viene dal latino e significa “pena del sacco”. Era usata nell’Antica Roma per punire i parricidi ed è una pena alquanto strana.

Il condannato veniva infatti chiuso in un sacco impermeabile con diversi animali vivi e poi veniva buttato in mare o nel Tevere.

La Poena Cullei

Il primo caso ben documentato di questa tortura risale al 100 a.C, anche se gli storici tendono a concordare sul fatto che fosse già usata prima di quella data.

Ma in cosa consisteva esattamente la pena del sacco?

La tecnica della pena del sacco ha subito nei cambiamenti durante la storia, ma la tecnica più usata era quella che ti descriverò qui sotto.

Gli animali potevano variare, potevano essere diversi o meno soprattutto data la scarsa reperibilità della scimmia. Per il resto, il procedimento era pressoché identico.

Dopo essere stato condannato, il parricida veniva condotto in carcere con indosso degli zoccoli di legno e un cappuccio fatto di pelle di lupo. Poi veniva frustato con delle verghe e cucito in un sacco di cuoio insieme a degli animali vivi.

Non animali qualsiasi, ma specificamente un gallo, un cane, una scimmia una vipera. Poi il sacco veniva gettato in mare o nel Tevere. Gli animali però erano così inferociti che raramente la persona arrivava viva in acqua, venendo sbranata e dilaniata fra atroci dolori molto prima.

Perché proprio questi animali?

Vipera

Gli animali da mettere nel sacco insieme al parricida erano stati scelti per ciò che significavano: avevano un significato simbolico che ora ti andrò a spiegare.

  • Il gallo: il gallo era considerato un animale molto feroce, tanto da spaventare persino i leoni. Quindi uno dei motivi per il quale veniva messo nel sacco era per la sua ferocia. In secondo luogo era stato scelto per il suo ruolo simbolico, legato a quello della vipera che ti spiegherò qui sotto. Si pensava infatti che il gallo uccidesse le vipere e la presenza di entrambi gli animali nel sacco poteva rappresentare una catena di uccisioni.
  • La vipera: la vipera è stata scelta perché secondo Plinio questo animale partoriva una vipera al giorno per un totale di 23. Non tutte le piccole vipere, però, volevano aspettare e quindi dilaniavano l’interno della madre uscendo dal suo ventre, uccidendola. Qui il simbolo del parricida è chiaro.
  • Il cane: il cane era considerato un animale impuro, vile, immondo e ignobile. Tutte qualità che potevano attribuirsi tranquillamente anche al parricida.
  • La scimmia: la scimmia era considerata la caricatura dell’uomo. Inoltre Plinio sosteneva che le scimmie amavano talmente i loro cuccioli da soffocarli in uno dei loro abbracci.

Storia della poena cullei

La poena cullei è nata molto prima della legislazione romana, si pensa che il primo ad utilizzarla sia stato un re etrusco.

Le prime versioni includevano solo dei serpenti e gli altri animali sono stati descritti a partire dal secondo secolo d.C., sotto il regno dell’Imperatore Adriano. 

Adriano contemplava due pene per i parricidi: la poena cullei o dare il colpevole in pasto alle bestie nell’arena.

Nel terzo secolo, sotto l’Imperatore Costantino, la pena è caduta in disuso salvo poi tornare ad essere usata circa 200 anni dopo da Giustiniano. La pena rimase in uso per circa 400 anni, poi venne sostituita con il rogo.

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