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Vincenzo Verzeni, il vampiro di Bergamo

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Vincenzo Verzeni sembra essere il primo serial killer certificato della storia italiana. Torturava le sue vittime già a 18 anni e venne arrestato a 22.

Storia di Vincenzo Verzeni

Vincezo nasce a Bottanuco, un paese della provincia di Bergamo, nel 1849 in una famiglia povera.

Il padre è sempre ubriaco e violento mentre la madre soffre di epilessia. Vincenzo è un ragazzo robusto, di 166 cm per 68kg di peso ed è un tipo solitario.

I problemi in famiglia lo fanno crescere introverso e per questo non riesce a relazionasrsi con i suoi coetanei, soprattutto con le ragazze.

Sempre silenzioso e gentile è all’apparenza innocuo. Nessuno sa però che dietro questa facciata si nasconde un sadico assassino.

Le prime aggressioni

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La prima aggressione registrata sarebbe stata ai danni della cugina Marianna, nel 1867. Mentre lei dorme Vincenzo la afferra per la gola e cerca di morderla. Alle grida di lei però Verzeni fugge via.

Nel 1869 compie tre aggressioni. La prima ai danni di Barbara Bravi che viene avvicinata da un individuo che la afferra per il collo.

Alle sue grida, ancora una volta, Vincenzo fugge e nonostante Barbara non riconosca subito il suo aggressore, dopo il suo arresto conclude che potesse essere proprio lui.

La seconda vittima è Angela Previtali che viene aggredita e trascinata in una zona isolata. Dopo poco però, mosso a compassione, Vincenzo la libera senza farle alcun male.

La terza vittima di quell’anno infine è Margherita Esposito che viene aggredita per strada. Riesce però a colpirlo in faccia e a liberarsi e identificherà il suo aggressore come Vincenzo Verzeni che in effetti presenta delle ferite sul volto. Non viene però preso nessun provvedimento.

Nel 1871 aggredisce due donne, Maria Previtali e Maria Galli, in due episodi separati. Afferra entrambe per la gola e le getta a terra ed entrambe riconoscono in Vincenzo il loro aggressore.

Gli omicidi

Il primo omicidio avviene nel 1870 ma Verzeni non viene ritenuto subito responsabile e continua nel frattempo le sue aggressioni.

La vittima è Giovanna Motta, di 14 anni, che scompare da casa e viene poi ritrovata morta. Il cadavere viene ritrovato nudo, torturato e orribilmente mutilano. Le sono state tolte le viscere, poi ritrovate in un cavo di gelso, ed esportati gli organi sessuali.

Il collo è pieno di morsi e le è stata asportata una parte del polpaccio, strappata con ferocia. La sua bocca è piena di terra e accanto a lei, su un masso, vengono ritrovati 10 spilloni.

La seconda vittima è Elisabetta Pagnoncelli che viene uccisa nel 1872. Anche il suo cadavere viene ritrovato torturato, squartato e pieno di graffi e morsi proprio come quello di Giovanna.

L’arresto

Vincenzo viene arrestato nel 1873 e l’incarico per la sua perizia psichiatrica viene dato a Cesare Lombroso, il padre della criminologia moderna, che lo descrive come un sadico sessuale, vampiro, divoratore di carne umana e affetto da cretinismo.

Durante il processo l’assassino affermerà:

Io ho ucciso quelle donne e ho tentato di strangolare quelle altre perchè provavo in quell’atto un immenso piacere. Le graffiature che si trovarono sulle cosce non erano prodotte con le unghie ma con i denti, perché io dopo strozzata la morsi e ne succhiai il sangue che era colato, con che godei moltissimo. 

Vincenzo scampa alla pena capitale grazie al voto di un solo giurato e viene condannato ai lavori forzati.

Non regge però a lungo il duro lavoro e nel 1874 viene trasferito in un manicomio giudiziario. Lì riceverà “cure” estreme come secchiate di acqua gelata tirate da tre metri d’altezza e bagni bollenti.

In seguito a questi episodi il 23 luglio viene ritrovato impiccato nella sua cella, completamente nudo fatta eccezione per calze e ciabatte.

Per molto tempo si è creduto che fosse morto così, suicida, studi recenti hanno però ritrovato degli articoli del quotidiano “L’Eco di Bergamo” in cui si evince che, nel 1902, Vincenzo abbia fatto ritorno, dopo aver finito di scontare la sua pena nel carcere di Civitavecchia, al suo paese natale, Bottanuco.

Lì rimase fino al 1918, anno della sua morte avvenuta per morte naturale.

La sua mummia è tuttora conservata nel Museo di Arte Criminologica di Roberto Paparella.

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