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Tortura dell’acqua e waterboarding

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Le torture più terribili sono spesso portate a termine con mezzi ed elementi semplici, reperibili ovunque. Questo è il caso della tortura dell’acqua e waterboarding, molto usata da popoli diversi durante la storia e che può causare danni sia fisici che psicologici.

Da questa forma di tortura antica si è poi sviluppato il waterboarding, considerato dalla CIA come una delle “Tecniche di interrogatorio avanzate”, una sorta di tortura “legittimata”.

La tortura dell’acqua

Questa denominazione può riferirsi a vari metodi di tortura. Il più semplice, ma che crea comunque molti danni, è quello di forzare il condannato a bere grandi quantità di acqua in poco tempo.

In Francia era conosciuta come “la domanda”. Quando a qualcuno veniva posta “la domanda” significava che sarebbe stato forzato a bere circa 3 litri e mezzo d’acqua. La “domanda straordinaria”, invece, prevedeva quasi sette litri e mezzo.

Prima di forzare la vittima a bere, questa veniva legata su un cavalletto, sdraiata, oppure con la schiena inarcata. In questo modo l’addome rimaneva ben teso. Poi la bocca veniva tenuta forzatamente aperta con delle tenaglie aperte.

Dopo avere ingerito grandi quantità di liquido questa posizione, di per sé già scomoda, diventava molto dolorosa.

A volte veniva anche picchiettato l’addome pieno e teso, causando forti dolori. In Germania una tortura simile era conosciuta col nome di “bevanda svedese”.

In Spagna invece, durante l’Inquisizione, troviamo una forma di tortura con l’acqua molto simile all’odierno waterboarding.

La vittima veniva legata e le veniva fatta ingerire una grande quantità d’acqua. A volte però, prima di versare l’acqua, i torturatori mettevano un panno in bocca al condannato, di modo che avvertisse una sensazione di annegamento.

Altre versioni in diverse parti del mondo includono tutte la posizione reclinata e il pezzo di stoffa sulla bocca, in modo da causare soffocamento.

L’acqua è stata usata anche come mezzo per verificare se una persona fosse o meno una strega, attraverso l’ordalia dell’acqua.

Waterboarding

Il termine waterboarding viene usato per la prima volta negli anni 70.

La vittima viene legata su una tavola, che viene reclinata all’indietro, e un panno viene posizionato sulla bocca. Poi sulla stoffa viene versata dell’acqua, impedendo al prigioniero di respirare.

In questo modo il prigioniero non può respirare, ma solo risucchiare l’acqua di cui è impregnato il panno.

Dopo circa 30 o 40 secondi la vittima veniva fatta respirare, facendole prendere tre o quattro boccate d’aria e poi il supplizio continua.

Di solito questo metodo di tortura dura una ventina di minuti e se protratto può causare la morte per asfissia.

Questa tortura non lascia segni evidenti, ma crea gravissimi danni psicologici o, se l’assenza di ossigeno viene prolungata, anche cerebrali.

Questo metodo di tortura è stato usato in moltissime parti del mondo come ad esempio Francia, Spagna, Stati Uniti, Giappone, Cile e Medio Oriente.

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